domenica 26 ottobre 2008

Io so, e adesso anche Voi sapete!

Io so ed anche voi sapete. Forse dite di non sapere per paura, oppure perché siete parte del gioco e vi ritenete dalla parte giusta. Forse siete davvero in buona fede e credete di non sapere; in questo caso mi scuso sin da ora. Eh sì, perché dopo aver letto queste poche righe, perderete anche la scusa della “buona fede” e vi renderete conto di essere stati troppo ingenui, di aver creduto alle favole. Beata incoscienza!
Ebbene, il patto fra lo Stato e la Mafia esiste, è operativo, è provato che esiste come è provato che è operativo. Anzi, aggiungo, la Mafia (probabilmente) non è nemmeno quel male assoluto che ci paventano dinanzi coloro che il patto lo conoscono e lo rispettano. La Mafia non è l’Antistato ma è l’Altro Stato. La Mafia è un crocevia di poteri e potentati, cui estranea non è certamente la Massoneria; che non è estranea nemmeno allo Stato Italiano, quello ufficiale. Uno Stato nello Stato anzi, meglio, uno Stato a fianco di un altro Stato. Uno Stato che ha raccolto i diritti del Regno delle Due Sicilie come contropartita della depredazione delle ricchezze del Re sconfitto di cui si appropriò la corona savoiarda, cioè lo Stato Italiano o Regno d’Italia che dir si voglia. Avendole lasciato solo i diritti, cioè la sovranità sui territori del mezzogiorno, è stato gioco forza consentire alla Mafia di ricavare i mezzi, cioè i denari di cui gli Stati hanno bisogno per organizzarsi e amministrare. Quando gli Stati sono ufficiali, le chiamano tasse, nel caso della Mafia lo chiamano “pizzo”. Ma siamo lì. Ed ora eccovi le prove che non mi ha preso un colpo di sole.
Cito solo quelle più recenti e, per alcuni versi, più note:
Prendiamo l’omicidio del Dr. Paolo Borsellino e della sua scorta. Il comando elettronico che ha fatto esplodere il tritolo è partito dal castello che era sede dei “servizi”. Deviati, dicono alcuni. Fedeli, dico io. E lo dice anche Bruno Contrada, uomo dei “servizi”. Condannato al carcere con sentenza definitiva ma proclamatosi sempre innocente anzi, di più, fedele servitore dello Stato. E probabilmente è vero. Fedele ad uno Stato che aveva (ha) in essere patti con un altro Stato e che vedeva nel giudice Borsellino una turbativa a questi patti. Ecco perché deve scomparire l’agenda rossa del magistrato, ecco perché l’ufficiale che prende la borsa del Dr. Borsellino, racconta una serie di gravi inesattezze ma viene assolto ugualmente. Dice che era presente il giudice tizio, ma Tizio non c’era. Dice che era di turno il magistrato Caio. Ma anche Caio non c’era. Se l’agenda rossa fosse o meno in quella borsa, nessuno lo può provare. Ma che l’ufficiale abbia mentito sui magistrati è certo. E allora, perché non dovrebbe rispondere di queste fallaci dichiarazioni? Semplice, perché è un fedele servitore dello Stato; di uno Stato che vuole così.
Prendiamo la vicenda delle Logge massoniche che condizionano la Suprema Corte di Cassazione. Tutto è stato scoperto, e qualcosa è persino stato pubblicato (pochi giorni, ma sono bastati per sapere). Qualcuno è intervenuto? Qualche magistrato della Suprema Corte ha pagato? Qualche Presidente della Repubblica ha fatto sentire il suo alto afflato istituzionale? Silenzio, oblìo, nascondimento, immobilismo. Tutto fermo ed imperturbabile, come se fosse venuto a galla che S.E. l’On. Giorgio Napolitano ha un callo sull’alluce destro. Come se si trattasse di fatti personali che l’interessato (giustamente) decide di tenere per sé, senza tediare i cittadini ignari.
E prendiamo, in ultimo, “Toghe Lucane”. Emerge che il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Potenza (S.E. Dr. Vincenzo Tufano) è indagato per il reato di “associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari”. Ipotesi di correità anche per il Procuratore Capo di Matera (Dr. Giuseppe Chieco). Emerge che i due, insieme con alcuni alti magistrati di Catanzaro, hanno brigato per delegittimare il PM che li indagava (Dr. Luigi de Magistris). Tutto questo produce una nuova indagine incardinata presso la Procura della Repubblica di Salerno di cui i magistrati, con atti secretati, relazionano alla commissione disciplinare del CSM. Nonostante tutto ciò, il Dr. De Magistris viene trasferito d’ufficio ed i due presunti associati, di cui il primo istituzionalmente vigila sull’operato del secondo, restano al loro posto. È credibile che il Dr. Tufano possa vigilare sull’operato del Dr. Chieco, quando insieme devono difendersi dall’ipotesi di essere associati per delinquere con finalità di corruzione in atti giudiziari? Suvvia, anche un normale cittadino fabbro, idraulico, falegname o lavavetri capisce che l’incompatibilità è palese. Eppure nessuno parla! O quasi, se si considerano due associazioni di avvocati della Lucania che sole hanno sollevato la questione al CSM. Mentre, possiamo dire con certezza, nessuno risponde!
Potremmo parlare ancora a lungo, i misteri d’Italia sono tantissimi. Ma, fateci caso, tutti si spiegano ipotizzando che il patto scellerato fra Stato Italiano e Stato Parallelo (mafioso, massonico o “potentatico” che sia) esista e sia operativo.
L’unica cosa che non riusciamo a spiegarci è perché il patto non viene reso pubblico. Perché si ritiene che alcuni giornalisti, giudici avvocati e normali cittadini possano esserne edotti mentre la maggior parte no. Perché si consente ai secondi di rischiare la vita operando contro la volontà di quello stesso Stato che ritengono (non sapendo) di dover proteggere. Perché si consente che fedeli servitori dello Stato cui il “patto” è noto, combattano contro altrettanto fedeli servitori dello Stato che ne ignorano esistenza e contenuto. Perché si ritiene che alcuni possano capire, comprendere e condividere mentre altri no. Perché tanti lutti e tanto dolore, quando potremmo tutti essere servi fedeli di uno Stato o dell’Altro Stato, vivendo d’amore e d’accordo?
Io so, scrisse Pasolini, ma non ho le prove. Adesso noi tutti sappiamo, e le prove sono sotto i nostri occhi, sono nella storia stessa di queste due nazioni che formalmente sono l’Italia.
Se qualcuno ha spiegazioni più esaurienti, ben venga. Ma ad oggi, questa è l’unica.
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p.s. Chiedo scusa alle migliaia di parenti delle vittime di Mafia, o meglio di quei poteri occulti che hanno realizzato il "patto" e lo difendono. Forse l'ironia o il sarcasmo appaiono irrispettosi del loro dolore. Dire che sono morti invano, per non aver capito da che parte stava lo Stato, è poco rispettoso dell'alto sacrificio con cui i loro cari hanno concluso la propria vita. Assicuro a loro ed a tutti la mia profonda riconoscenza per queste testimonianze di moralità e fedeltà al "bene comune" e la partecipazione a quel dolore irriferibile che loro avvertono e che li rende veri martiri della libertà.

lunedì 20 ottobre 2008

Luigi De Magistris ed i magistrati (del Sud) distratti

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"Sono dell'idea che se la magistratura avesse remato tutta da una stessa parte e se la legalità, alla quale ogni magistrato si dovrebbe attenere, rappresentasse un patrimonio vero di tutta la magistratura calabrese, non staremmo qui a discutere come mai in 10 anni non è cambiato proprio nulla".
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"Senza una parte della magistratura collusa la criminalità organizzata sarebbe stata sconfitta. E il collante in questo sistema sono i poteri occulti che gestiscono le istituzioni. Io stavo indagando su questo fronte e ritengo che uno dei motivi principali del fatto che io sia stato allontanato dalla Calabria risiede proprio in questi fatti".
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"Quello che è accaduto è molto grave. E' un messaggio negativo nei confronti di un territorio che doveva ricevere altri messaggi. Il Consiglio superiore della magistratura avrebbe dovuto dare un segnale positivo alla Calabria…"
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A queste gravissime affermazioni, pronunciate con la solita pacatezza dal Dr. Luigi De Magistris, pochi sono stati gli echi mediatici e zero quelli istituzionali. Solo qualche magistrato ha abbozzato timide osservazioni, del tipo “faccia i nomi”.
Ora per opportuna conoscenza del distratto magistrato, ma anche per opportuna conoscenza del Consiglio Superiore della Magistratura, del Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano, del Ministro della Giustizia On. Angelino Alfano e di quanti per dovere, lavoro o senso civico si occupano (ancora) della credibilità delle istituzioni, per tutti costoro, sarebbe opportuno (ed utile) sapere che il Dr. De Magistris, ha depositato l’atto di conclusione delle indagini relative al procedimento “Toghe Lucane” (l’unico procedimento che non gli è stato sottratto con mezzi più o meno leciti). Ebbene, carissimo Dr. Macrì (nome attribuito ad un immaginario magistrato della Procura Antimafia di Marte, così gli evitare lo straccio delle vesti e le querele a difesa dell'onorabilità presunta), sappia che nelle centinaia di migliaia di pagine depositate ci sono nomi, cognomi, date di nascita, indirizzi e persino i numeri di cellulare dei magistrati sospettati di gravi reati (fra cui l’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari). Ci sono le conversazioni in cui magistrati della Procura Generale di Potenza pianificavano le false testimonianze e/o la ritrattazione delle dichiarazioni rese da ufficiali dei Carabinieri al Procuratore Capo. Ci sono le intercettazioni in cui membri dell’Ufficio Ispettivo del Ministero della Giustizia, dirigenti dell’Ufficio Magistrati dello stesso Ministero e alti magistrati della Procura Generale di Potenza si accordavano su come “gestire” le ispezioni, le relazioni e persino le “grane” causate da improvvidi magistrati inquirenti.
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Di quali altri nomi avverte il bisogno il Dr. Macrì?
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E di quali altre evidenze ha bisogno il CSM?
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E cosa aspetta S.E. il Presidente della Repubblica a far sentire la sua voce?
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Ma c’è ancora di più, al peggio non c’è mai fine. Forse sarà sfuggito ai più, che il Dr. De Magistris ha dichiarato di aver formulato direttamente ai magistrati competenti (leggi Procura di Salerno) precise denunce e formali dichiarazioni. Se proprio si vogliono conoscere nomi, cognomi e reati (ipotizzati), bisognerà aspettare che cessino le indagini preliminari. E, visto che la competenza ex art. 11 è individuata nella Procura di Salerno, evidentemente leggeremo di magistrati calabresi. Sempre che non si decida per l’archiviazione, ovviamente. Resta solo da chiedersi quanto tempo ancora bisognerà aspettare, visto che i supposti reati dovrebbero riguardare magistrati che continuano a svolgere la propria attività nelle sedi dove si suppone abbiano commesso i reati stessi.
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Ma la Legge non impone di interrompere i reati in atto ed impedire che si ripetano e aggravino? O si tratta di altri messaggi lanciati al Sud, tra i denti?
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p.s. Intanto la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la sentenza del Riesame che ha confermato il provvedimento di sequestro del Cantiere Marinagri, redatto dal Dr. De Magistris, è esaustiva, logica e non contraddittoria. Strano per un cattivo magistrato che produce atti abnormi. Il CSM si vergogni! Sarebbe ora che un minimo di dignità e rispetto per le varie toghe che ciascuno indossa emergesse, un utile messaggio per il Sud dell'Italia.

martedì 14 ottobre 2008

AGLI AVVOCATI ABBIAMO CHIESTO DI COMMENTARE, AL CSM CHIEDIAMO D'INTERVENIRE

Ecc.mi Consiglieri del Consiglio Superiore della Magistratura,
continua il Vostro silenzio (riserbo secondo i massimi vertici dello Stato, vergogna secondo molti quisque de populo che quel "riserbo" condanna alle vessazioni dei magistrati in odore di corruzione) sulla compatibilità funzionale ed ambientale di S.E. il Dr. Vincenzo Tufano e dell'Ill.mo Dr. Giuseppe Chieco.
In una recente conferenza stampa, due associazioni di avvocati lucani hanno indicato i motivi delle incompatibilità già rappresentati al Vice-presidente di Codesto organismo, On. Nicola Mancino, ed in base alle quali si richiedevano valutazioni ed, eventualmente, decisioni.
Poniamo all'attenzione delle Eccellenze Vostre una comunicazione inviata agli ordini nazionali degli avvocati, restata sino ad ora priva di commenti.
Potrà essere l'occasione per ascoltare le argomentazioni rappresentate nella citata conferenza (nel blog www.toghelucane.blogspot.com troverete i collegamenti - "link" - al sito che propone il video integrale della conferenza). Chissà, magari sarà utile per assumere un qualche atteggiamento utile al recupero di credibilità delle istituzioni preposte all'amministrazione giudiziaria in Basilicata. Ci si rende perfettamente conto del compito e della responsabilità che gravano su spalle forse poco idonee all'enormità del carico, ma si confida nel coraggio e nella abnegazione che, nella nostra storia patria, spesso sono sorti e si sono manifestati là dove meno ce lo si sarebbe aspettato.
Non è possibile immaginare una rinascita dell'Italia senza una rinnovata fiducia verso un credibile sistema giudiziario.
Grazie per quanto avrete il coraggio di operare, anche solo in termini di presa di posizione ove non fosse possibile far di più
Deferenti Ossequi
Nicola Piccenna
di seguito la comunicazione trasmessa agli ordini forensi:

Chiar.mo Presidente dell'Ordine (con preghiera di estensione anche a tutti gli iscritti,
Le segnalo un singolare intervento dei Presidenti degli Ordini di Basilicata che parlano "in rappresentanza degli iscritti" e solidarizzano con i vertici della Procura Generale e della Procura di Matera indagati per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. Forse sarebbe opportuno ascoltare qualche commento anche degli altri Ordini Forensi d'Italia. Per saperne di più
www.toghelucane.blogspot.com

Distinti Saluti
Nicola Piccenna
Capo Redattore de "Il Resto" (
www.ilresto.info)
cell. 333.9089153

sabato 11 ottobre 2008

Dr. Tufano e Dr. Chieco: 2 TOGHE LUCANE INCOMPATIBILI

Oggi, presso la sede dell’Ordine degli avvocati di Matera, l’Associazione Autonomia Forense ed il Sindacato Avvocati della Provincia di Matera hanno tenuto una conferenza stampa per parlare dei contenuti e delle richieste avanzate al Vice-presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, On. Nicola Mancino, nell’incontro tenutosi a Roma presso la sede Istituzionale del CSM il 6 ottobre scorso. L’occasione si è rivelata utile anche per chiarire alcuni aspetti dell’intervento delle due associazioni che avevano provocato reazioni e giudizi personali da parte dei presidenti degli Ordini di Matera, Potenza, Lagonegro e Melfi. Le due organizzazioni hanno inteso precisare ruolo e compiti dell’ordine professionale, rifacendosi alle regole deontologiche cui si ispira l’Ordine Forense. Toni pacati ma decisi, che forniranno diversi e specifici elementi di riflessione a quanti si proveranno a confrontarsi con le argomentazioni e le domande che gli avvocati hanno voluto sottoporre, per il tramite dei giornalisti intervenuti, agli stessi colleghi, ai magistrati, al Consiglio Superiore della Magistratura ed anche ai “semplici” cittadini. Argomentazioni e domande su cui sarebbe gradito ed utile che anche gli internauti si pronunciassero. Il prezioso e paziente lavoro di documentazione e di informazione di Maurizio Bolognetti (http://www.fainotizia.it/) consente a ciascuno di vedere ed ascoltare l’intera conferenza stampa:

1) Intervento Avv. Domenico Orlandi (http://www.fainotizia.it/2008/10/11/conferenza-stampa-di-autonomia-forense-intervento-dellavv-domenico-orlandi-matera-11-ottobre-2008)

2) Intervento Avv. Nicola Cataldo (http://www.fainotizia.it/2008/10/11/conferenza-stampa-di-autonomia-forense-intervento-dellavv-nicola-cataldo-matera-11-ottobre-2008)

3) Intervento Avv. Leonardo Pinto (http://www.fainotizia.it/2008/10/11/conferenza-stampa-di-autonomia-forense-intervento-dellavv-leonardo-pinto-matera-11-ottobre-2008)

4) Intervento Avv. Vincenzo Montagna (http://www.fainotizia.it/2008/10/11/conferenza-stampa-di-autonomia-forense-intervento-dellavv-vincenzo-montagna-matera-11-ottobre-2008)

Sarebbe utile avviare una ampia riflessione su quello che già alla luce dello stato attuale (decreto di chiusura delle indagini e attesa delle decisioni del PM di Catanzaro – Dr. Capomolla – circa l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio) dell’inchiesta “Toghe Lucane” è emerso circa la situazione della magistratura in Basilicata. Certamente. Potrebbe anche giovare che gli altri Ordini Forensi italiani ed i semplici cittadini prendessero posizione, magari sottoscrivendo la raccolta firme per chiedere il trasferimento delle toghe che hanno dato prova d’indegnità. Poiché se è vero che sussiste la presunzione di non colpevolezza, e questo vale per tutti, è altrettanto vero che i fatti contestati e abbondantemente confortati da testimonianze, intercettazioni e persino documenti olografi, costituiscono in se stessi (indipendentemente dalle eventuali future condanne penali) palese causa d’indegnità a vestire la toga nei luoghi e negli uffici ove i presunti reati sono stati commessi. Perché se per i reati possiamo tranquillamente parlare in termini ipotetici, per le pressioni con minaccia su subalterni e forze dell’ordine, l’inchiesta ci svela certezze. Chiediamo il sostegno e la partecipazione di quanti hanno a cuore la credibilità delle istituzioni www.firmiamo.it/togheindegne.

venerdì 10 ottobre 2008

GLI AVVOCATI DICANO LA LORO, CON CORAGGIO!

PRESUNZIONE D’INNOCENZA O PRETESA D'IMPUNITA'?
Dopo la Zona Franca Urbana, arriva la Zona Franca Giudiziaria?
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“Classe di molluschi marini predatori, caratterizzati da un piede trasformato in tentacoli atti alla presa del cibo, distribuiti intorno alla bocca in numero variabile da ordine a ordine. Si tratta di animali molto evoluti sia dal punto di vista morfologico che da quello funzionale, con comportamenti complessi paragonabili a quelli dei pesci”. Più comunemente noti come Seppie, Polpi, Calamari e Totani. Si tratta di animali marini che, “attinti” da situazioni di pericolo, usano una tecnica difensiva basata sull’intorbidimento dell’acqua ottenuto mediante la contrazione della “ghiandola dell’inchiostro”. Qualcosa di simile, mutatis mutandis, a quello che sta accadendo per le delicate vicende giudiziarie da cui sono stati “attinti” i vertici della Procura della Repubblica di Matera (Dr. Giuseppe Chieco) e della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Potenza (S.E. Dr. Vincenzo Tufano). Anche qui, una nuvola d’inchiostro sapientemente spruzzata su comunicati stampa e (virtualmente) nelle dichiarazioni ai giornalisti, sembra organizzata apposta per consentire la fuga del “totano” di turno. Vediamo di capirci qualcosa.... segue sul numero in edicola...
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di Filippo De Lubac da "Il Resto", sabato 11 ottobre 2008

martedì 7 ottobre 2008

AL DIRETTORE DEL TG3 BASILICATA: STRANO MA VERO!

Da un singolare scambio epistolare (che allego di seguito), è emerso che il Direttore del TG3 Basilicata non è il Dr. Renato Cantore. Va da sé che l'invito, rivolto a quest'ultimo, di farsi da parte come conseguenza della imbarazzante situazione in cui versa la testata giornalistica della Rai regionale non è da ritenersi valido, in realtà non lo è mai stato. Ovviamente, l'opportunità di lasciare il campo ad altri professionisti viene sottoposta all'attenzione dell'effettivo Direttore che non tarderà, spero, ad accoglierlo. Resta il fatto sconcerante che, per almeno un anno, abbiamo inviato comunicazioni di ogni tipo al Dr. Renato Cantore ed a suoi collaboratori (giornalisti) della RAI Basilicata indicandolo come "Direttore del TG3 Basilicata", senza che nessuno ci abbia segnalato l'equivoco. Strano ma vero!
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n.b. Le comunicazioni piccenna-cantore-piccenna, di seguito riportate, sono in ordine cronologico inverso (dall'ultima alla prima). Per una migliore comprensione, si consiglia di leggerle (quindi) tenendo presente che l'ultima riportata corrisponde alla prima inviata (e viceversa).
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Da: Piccenna [mailto:piccenna@hotmail.com]
Inviato: lunedì 6 ottobre 2008 23.10
A: Cantore Renato Maria
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Egregio Capo Redattore Dr. Renato Cantore,
la vera notizia che ricavo dal nostro scambio di epistole elettroniche è che Lei non è il Direttore del Tgr Basilicata. Questo mi obbliga a chiederLe scusa pubblicamente (invierò questa e-mail a tutti coloro che hanno ricevuto la prima comunicazione dall'oggetto "Renato Cantore se ne deve andare). Infatti la mia critica veniva indirizzata (principalmente) alla Sua persona, come del resto ho scritto, nella Sua (supposta) veste di Direttore della Testata Giornalistica Regionale della RAI. Diversamente, avrei indirizzato il mio invito al Direttore effettivo e non a Lei. Tuttavia, mi consenta ancora una replica. E' da almeno un anno che indirizzo alla Sua attenzione ed a quella di alcuni giornalisti, stabilmente impegnati come dipendenti a tempo indeterminato presso la RAI di Potenza, documenti di varia natura ma sempre di stretta pertinenza giornalistica: articoli, comunicati stampa, richieste di replica, contestazioni, sollecitazioni e, tornando a bomba, i titoli del nostro settimanale ("Il Resto") per la rubrica "Basilicata in edicola". Ebbene in tutti questi documenti, Le ho sempre attribuito il "titolo" di Direttore del Tgr Basilicata. Cosa le ha impedito di spiegare che Lei era "solo il capo redattore"? (ovviamente, qualora la memoria dovesse necessitare di supporto, l'archivio delle e-mail potrà sopperire)
Cordiali Saluti
Nicola Piccenna
333.9089153
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p.s. Appena "scoprirò" chi è il Direttore della testata TGR Basilicata, sarà mia cura rinnovare al suo indirizzo quell'invito che Lei, giustamente, non ha motivo di seguire. A meno che gli "interessanti sviluppi" cui fa cenno (e di cui non riesco ad immaginare la natura), non postulino diversamente.
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From: Cantore Renato Maria
Sent: Monday, October 06, 2008 4:48 PM
To: Piccenna
Subject: R: Renato Cantore se ne deve andare!
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evidentemente parliamo due lingue diverse.
Nella mia lingua "se ne deve andare" non è un invito.
Qualora si trattasse di un invito, mi spiace di doverle comunicare che non ho alcuna intenzione di accoglierlo.
Per il resto, noto che non ha alcuna voglia di dare un seguito a quel "magari..." che lasciava intendere interessanti sviluppi. Ne prendo atto.
RC
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p.s. purtroppo non sono il direttore del Tgr Basilicata, ma solo il capo redattore
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Da: Piccenna [mailto:piccenna@hotmail.com]
Inviato: lunedì 6 ottobre 2008 16.28
A: Cantore Renato Maria
Oggetto: Re: Renato Cantore se ne deve andare!
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Egregio Direttore,
come è evidente (allego anche la mia prima corrispondenza), Lei ha difficoltà a comprendere persino quanto scrivo.
Non so se e dove abbia potuto leggere, da parte mia, degli insulti. Come avrà modo di accertare, rileggendo la mia comunicazione scritta (fortunatamente), sia nella dichiarazione esplicita ("... non avanzo questa grave critica con leggerezza...") che nel successivo contenuto, non vi sono insulti ma una semplicissima e grave critica al suo operato. Forse Le dispiacerà, ma di critica si tratta tanto è vero che non ho attribuito alcun appellativo né qualificazione ingiuriosa a Lei e/o al Telegiornale di cui Ella ha la responsabilità in veste di Direttore.
Altra condotta erroneamente contestatami, è quella di averLe inviato i cosiddetti (inesistenti) insulti "gratuitamente". Mi scuso, io credevo di averLe inviato delle pesanti critiche a titolo oneroso; così mi pare anche rileggendo la mia comunicazione. Comunque i motivi sono ben chiari, la cattiva conduzione del servizio giornalistico di cui è responsabile. Non già una mancata condivisione della linea editoriale, bensì una impropria censura del settimanale per cui scrivo (immeritatamente) e, cosa ben più grave, per la censura di importanti notizie di pubblico interesse attinenti a rilevanti vicende giudiziarie in cui sono coinvolti i vertici delle Procure di Matera e Potenza. E le censure di cui innanzi, sono solo esemplificative di un costume censorio documentabile negli anni.
Le sarei, poi, grato se mi spiegasse quali insinuazioni legge nell'invito a dedicarsi ad "altre attività", specie dove i puntini sospensivi sono lì ad indicare solo genericamente (lasciandoLe ampia facoltà di scelta) a quali attività dedicarsi. In ultimo, come è evidente nel mio scritto, non ho proposto di cacciare nessuno. Le ho chiesto di farsi da parte, lasciando a Lei la valutazione di opportunità, come è giusto che sia. Cosa centri questo invito con la "democrazia", proprio non riesco a spiegarmelo. Ma non me ne faccio un cruccio.
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From: Cantore Renato Maria
Sent: Monday, October 06, 2008 10:52 AM
To: Piccenna
Subject: R: Renato Cantore se ne deve andare!
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Caro Piccenna,
al rientro da qualche giorno di (immeritato) riposo, trovo i suoi gratuiti insulti. Non è mio costume replicare. Osservo solo che non mi pare segno di un costume "democratico" chiedere la cacciata di un giornalista di cui non si condivide la linea editoriale. Quanto poi all'invito a dedicarsi ad altre attività, con tanto di puntini sospensivi, la pregherei di esplicitare le sue insinuazioni,in modo da consentirmi di incontrarla nelle sedi opportune per tutelare la mia onorabilità.
Renato Cantore
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Da: Piccenna [mailto:piccenna@hotmail.com]
Inviato: domenica 5 ottobre 2008 1.30
A: Cantore Renato Maria
Oggetto: Renato Cantore se ne deve andare!
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INFORMAZIONE IN BASILICATA: IL TRISTE CASO DEL TG REGIONALE
Spero sia chiaro a tutti che non avanzo questa grave critica con leggerezza, né senza aver prima tentato in tutti i modi di evitare pubbliche diatribe. Numerose comunicazioni e documentabili inviti alla ragionevolezza (ed al dovere) sono stati rivolti al Direttore del TGR Basilicata, Dr. Renato Cantore, a titolati redattori e persino all'ufficio stampa della RAI ma nessun effetto sembrano aver sortito. La rubrica ("edicola della Basilicata") del Telegiornale Regionale della Basilicata del venerdì sera e quella "equivalente" dell'edizione radiofonica del successivo sabato mattina, restano refrattarie al settimanale "Il Resto" ed ai suoi titoli. Nelle saltuarie e striminzite citazioni, l'unica testata per cui non viene proposto il logo né il testo del titolo riferito, sembra si voglia sminuire piuttosto che informare sull'operato di una testata che, diversamente, ha sempre operato un valido giornalismo d'inchiesta; magari scomodo per i "poteri forti", ma sempre rispettoso della verità dei fatti e dell'interesse pubblico per le notizie riferite. Purtroppo, non si tratta dell'unica "censura" cui assistiamo da parte della testata giornalistica regionale. Ultimo esempio di una lunga serie, l'informazione assolutamente carente fornita dal servizio pubblico della RAI di Basilicata relativamente alla conferenza stampa dell'Associazione "Autonomia Forense" e del "Sindacato Avvocati" tenuta a Potenza il 4 Ottobre 2008. Per farsi un'idea di come si possa fornire una informazione assolutamente insufficiente se non addirittura fuorviante, sarà sufficiente prendere visione delle immagini e dell'audio reso disponibile sul sito http://www.lucania.ilcannocchiale.it/ confrontandolo con il servizio trasmesso dal Telegiornale Regionale della Basilicata (nelle edizioni delle 14, 19 e 23 del 4 ottobre 2008).
Credo non sia necessario aggiungere altro, se non che è arrivata l'ora che il buon Renato Cantore passi la mano ad altri professionisti (in Rai ce ne sono di ottimi). Magari potrebbe dedicarsi ad attività di produzione televisiva o professionale per qualche società privata o cooperativa, magari tornare ad esserne socio, magari... Intanto sarebbe il caso che la più importante testata giornalistica regionale, tornasse ad occuparsi d'informazione, quella vera. Magari d'inchiesta.
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p.s.
Mi scuso per aver pubblicato sul blog dedicato a "Toghe Lucane" un post (apparentemente) fuori tema. In realtà, si tratta di uno dei post più in tema che potesse esserci. Se un sistema di collusioni, commistioni e supposte corruzioni è potuto crescere ed arrivare ad occupare tutti i gangli vitali della Regione Basilicata, ciò è dovuto alla mancanza di una informazione libera ed attenta. E non è neppure un caso se questo sistema malato è andato in crisi quando una simile informazione ha "ripreso" a funzionare.
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Richiamo, in ultimo, l'attenzione dei lettori sulla utilità di sottoscrivere la raccolta firme per chiedere il trasferimento delle "Toghe Indegne" della Basilicata. Dopo aver ascoltato gli interventi degli avvocati, forse, sarà tutto più semplice e chiaro.
Firma anche tu: http://www.firmiamo.it/togheindegne

domenica 5 ottobre 2008

INFORMAZIONE IN BASILICATA: IL TRISTE CASO DEL TG REGIONALE

Spero sia chiaro a tutti che non avanzo questa grave critica con leggerezza, né senza aver prima tentato in tutti i modi di evitare pubbliche diatribe. Numerose comunicazioni e documentabili inviti alla ragionevolezza (ed al dovere) sono stati rivolti al Direttore Dr. Renato Cantore, a titolati redattori e persino all'ufficio stampa della RAI ma nessun effetto sembrano aver sortito. La rubrica ("edicola della Basilicata") del Telegiornale Regionale della Basilicata del venerdì sera e quella "equivalente" dell'edizione radiofonica del successivo sabato mattina, restano refrattarie al settimanale "Il Resto" ed ai suoi titoli. Nelle saltuarie e striminzite citazioni, l'unica testata per cui non viene proposto il logo né il testo del titolo riferito, sembra si voglia sminuire piuttosto che informare sull'operato di una testata che, diversamente, ha sempre operato un valido giornalismo d'inchiesta; magari scomodo per i "poteri forti", ma sempre rispettoso della verità dei fatti e dell'interesse pubblico per le notizie riferite. Purtroppo, non si tratta dell'unica "censura" cui assistiamo da parte della testata giornalistica regionale. Ultimo esempio di una lunga serie, l'informazione assolutamente carente fornita dal servizio pubblico della RAI di Basilicata relativamente alla conferenza stampa dell'Associazione "Autonomia Forense" e del "Sindacato Avvocati" tenuta a Potenza il 4 Ottobre 2008. Per farsi un'idea di come si possa fornire una informazione assolutamente insufficiente se non addirittura fuorviante, sarà sufficiente prendere visione delle immagini e dell'audio reso disponibile sul sito http://www.lucania.ilcannocchiale.it/ confrontandolo con il servizio trasmesso dal Telegiornale Regionale della Basilicata (nelle edizioni delle 14, 19 e 23 del 4 ottobre 2008).
Credo non sia necessario aggiungere altro, se non che è arrivata l'ora che il buon Renato Cantore passi la mano ad altri professionisti (in Rai ce ne sono di ottimi). Magari potrebbe dedicarsi ad attività di produzione televisiva o professionale per qualche società privata o cooperativa, magari tornare ad esserne socio, magari... Intanto sarebbe il caso che la più importante testata giornalistica regionale, tornasse ad occuparsi d'informazione, quella vera. Magari d'inchiesta.
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p.s.
Mi scuso per aver pubblicato sul blog dedicato a "Toghe Lucane" un post (apparentemente) fuori tema. In realtà, si tratta di uno dei post più in tema che potesse esserci. Se un sistema di collusioni, commistioni e supposte corruzioni è potuto crescere ed arrivare ad occupare tutti i gangli vitali della Regione Basilicata, ciò è dovuto alla mancanza di una informazione libera ed attenta. E non è neppure un caso se questo sistema malato è andato in crisi quando una simile informazione ha "ripreso" a funzionare.
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venerdì 3 ottobre 2008

NESSUN DORMA!

“Autonomia Forense” e “Sindacato Avvocati” della provincia di Matera sulle “note vicende del Procedimento c.d. Toghe Lucane”

Sono trascorsi quasi due mesi dalla “chiusura” dell’inchiesta sulle “Toghe Lucane”: magistrati sospettati di aver messo in piedi un’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari ed altre (non meno gravi) violazioni del codice penale. Le parti che sono state ritenute “offese” dalle condotte criminose, gli indagati e (in parte) i lettori attenti hanno ben potuto leggere quali evidenze, fatti e circostanze supportano le ipotesi accusatorie. Persino l’organismo di autogoverno dei magistrati, il Consiglio Superiore della Magistratura, e l’attento Ministro della Giustizia, On. Avv. Angelino Alfano, avranno ben avuto modo di prendere visione delle condotte poste in essere da: S.E. il Dr. Vincenzo Tufano (Proc. Gen. a Potenza), Dr. Gaetano Bonomi (sost. Proc. Gen. a Potenza), Dr. Giuseppe Chieco (Proc. Capo a Matera), D.ssa Felicia Genovese (ex sost. Proc. DDA a Potenza) e tanti altri fra generali, colonnelli, avvocati ed un ex membro dello stesso CSM. Ora, se per un sostituto procuratore che non aveva informato il suo Procuratore Capo dell’imminente misura cautelare di perquisizione si arrivò a chiedere il trasferimento immediato e la censura con l’esclusione da incarichi monocratici, quali misure andrebbero invocate per gli associati per delinquere col fine della corruzione in atti giudiziari? Se per un intervento televisivo in cui un sostituto procuratore segnalava la difficoltà di procedere nelle indagini, dovendo continuamente rispondere ad ispezioni ministeriali, si scomodò il Presidente della Repubblica (On. Giorgio Napolitano) invocando la riservatezza e la discrezione dei magistrati; cosa potrà chiedere a quei magistrati che pilotavano le deposizioni di generali, colonnelli e capitani per screditare sostituti procuratori nell’esercizio delle loro funzioni giudiziarie? Ed invece nulla! Dalla chiusura di “Toghe Lucane” silenzio e discrezione la fanno da padroni. Ma non è un silenzio nobile. Non c’è nulla di onorevole nel sottacere l’abuso ed il sopruso di giustizia. Non è giustificabile chi finge di non vedere e non sapere persino di fronte all’evidenza degli atti d’indagine. E non si fa riferimento (solo) alle alte cariche dello Stato e del CSM. Anche la politica, quella spicciola dei parlamentari lucani e dei consiglieri regionali, quella delle amministrazioni e delle poltrone para-regionali, degli Enti e delle Comunità Montane; qualcosa avrebbe potuto fare e non l’ha fatto, qualcuno avrebbe dovuto parlare e non l’ha detto. Anche il mondo delle Professioni, avvocati in testa (per ovvi motivi), qualcosa aveva il dovere di esprimere, ed ha taciuto. Perché? Forse perché veniamo da decenni di subordine. Forse perché siamo un po’ vigliacchi ed un po’ borghesi: paura di prenderle o pigrizia nel darle. Le battaglie comportano sempre molto lavoro e qualche rinuncia. Forse perché troppi tentativi coraggiosi erano finiti nel nulla o, peggio, nel sangue. Ma anche queste considerazioni, oggi, appaiono superate. La Procura di Catanzaro ha approntato una delle inchieste più documentate di cui la storia giudiziaria abbia memoria; certamente la più completa sulle connessioni fra “distrazione” di finanziamenti pubblici, disattenzione o collusione di magistrati e coinvolgimento di politici degli ultimi quarant’anni. La Procura di Salerno ha il sospetto che i magistrati di Matera, Potenza e Catanzaro (ma, forse anche di Roma e dei ministeri) abbiano organizzato una sistematica opera di delegittimazione e depistaggio per sottrarsi alla morsa dell’inchiesta “Toghe Lucane”. Ed i metodi con cui avrebbero operato questi “signori del diritto” somigliano più a quelli di “Al Capone” che al rigore di “Joe Petrosino”. Giunge avviso che due organizzazioni di professionisti forensi hanno deciso di dire la loro, pubblicamente, sull’inchiesta “Toghe Lucane” e le implicazioni con l’amministrazione della giustizia in Basilicata. Beh, era ora che anche gli addetti ai lavori parlassero, loro che ben conoscono la materia del contendere. Insomma, qualcosa di significativo ha turbato l’equilibrio apatico che regnava in Lucania e che non sembrava nemmeno scalfito dalle duecentomila pagine scritte nell’inchiesta della Procura di Catanzaro. Cosa diranno gli avvocati, non ci è dato sapere. Ma, in questo momento storico, non è tanto il contenuto a rassicurarci quanto il fatto stesso che lo vadano a dire, davanti a microfoni e telecamere, proprio nel Palazzo di Giustizia di Potenza. Chissà che non sia l’inizio del risveglio della politica, questa bella addormentata nelle terre di Lucania. Forse qualcosa di nuovo è già cominciato, certo è che qualcosa di vecchio è ormai (irreversibilmente) finito.
Filippo De Lubac (da http://www.ilresto.info/3.html)