lunedì 15 giugno 2009

Rimbocchiamoci le maniche, vanno via tutti. Fortunatamente!

Hanno resistito abbarbicati alla sedia e spalleggiati da misteriosi protettori per sei anni, adesso ci aspettiamo che vadano fuori dai cosiddetti. Era già chiaro, scritto e timbrato da anni. Che alcuni fra i magistrati più alti in grado in servizio presso i Tribunali di Matera, Potenza e Catanzaro avessero compromesso la credibilità ed il rispetto dell’istituzione giudiziaria da cui percepivano lo stipendio, era evidente anche alle fotocopiatrici, ai tavoli ed alle sedie dei palazzi di giustizia. Che la permanenza stoica, perché ci vuole fegato a stare in udienza ed anche solo a girare per i corridoi quando tutti ti guardano sapendo quello che hai combinato, e certamente “protetta” in alto loco fosse ormai destinata a finire, era sensazione palpabile. Ma che aspettassero l’affondamento sul ponte di comando, questo proprio, era davvero difficile immaginarlo e per una semplice ragione. Questi signori, da sempre, erano abituati a “vincere facile”. Nel loro mondo conoscevano tutto e tutti, avevano sviluppato amicizie, connivenze e, a volte, complicità. Poi, al di fuori del mondo giudiziario, si giovavano di rapporti solidissimi; vuoi con i magistrati in aspettativa politici a tempo pieno (De Magistris non è stato il primo a passare in politica, anzi è stato l’unico a dichiarare che non sarebbe tornato indietro); vuoi con il mondo dell’avvocatura e del CSM (che sempre magistrati e politici sono). E così, a forza di considerarsi appartenenti al mondo di “colà dove si puote ciò che si vuole”, si pensava che fossero inevitabilmente divenuti deboli di carattere; incapaci di affrontare una prova dura ed impegnativa come quella che gli si para dinanzi. Pensavamo che sarebbero scappati prima, invece no. Restano sulla nave che affonda sino all’ultimo, ma, forse, non è per coraggio. Forse è come sulle triremi romane, dove gli schiavi venivano incatenati durante le battaglie. Forse non scappano perché sono incatenati ai loro posti da qualcuno che ben li conosce e sa che l’unico modo per garantirsi i loro “servigi” sino all’ultimo è incatenarli con i ricatti e le minacce. Diversamente, forse, si sono spinti troppo in là e sanno che non ci sono vie d’uscita; sono su un vascello che naviga a vista nella nebbia più fitta e si aspettano il peggio sperando contro ogni speranza di farla franca. Aspettiamo pazientemente l’inevitabile teoria delle accuse e dei rinvii a giudizio. Un minuto dopo dovranno sgombrare, loro e quegli ufficiali di PG che violando leggi, codici e persino il buonsenso gli hanno tenuto bordone. Non lo dicono solo dei cittadini, che pur ne hanno pieno diritto; lo dicono gli atti giudiziari a loro carico e le norme che, almeno adesso, i signori del CSM ed il loro Presidente vorranno far rispettare. Già, il CSM, il supremo organo di autogoverno dei giudici che negli ultimi due anni si è macchiato delle vergognose decisioni disciplinari a carico di Luigi De Magistris, Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani, Maria Clementina Forleo, per citare solo i casi più conosciuti sui quali altri organi giudiziari hanno smentito clamorosamente l’operato disciplinare del CSM. Bene, adesso si comincia daccapo. Via i magistrati imputati per gravissimi reati e avanti con il ripristino dell’autorevolezza e la dignità delle istituzioni. (Filippo de Lubac)

domenica 14 giugno 2009

Don Abbondio e le “Toghe Lucane”

Dall'atto di chiusura delle indagini (proc. Toghe Lucane), riportiamo solo la parte iniziale del primo punto riassuntivo delle contestazioni mosse agli indagati (ricordiamo che l'atto è costituito da alcune decine di capi di contestazione). Non esiste, nella storia repubblicana, un altro caso giudiziario così articolato e preciso nel documentare il coinvolgimento organico e sistemico di un’intera “classe giudiziaria”. L’accezione “intera” che, come al solito, scandalizzerà più di qualcuno, è quanto mai opportuna. Infatti se per un verso è falso che tutti i magistrati siano direttamente o indirettamente coinvolti negli atti e nei rapporti finalizzati a commettere crimini, d’altro canto è pur vero che gli abusi si possono commettere perché gli “altri” tacciono. Lasciano che si commettano i reati e gli abusi sotto i loro (competenti) occhi e nulla fanno per evitarli. L’esempio “principe” di queste anime pavide è la recente vicenda dell’archiviazione di un procedimento penale a carico di molti notabili materani. L’operazione riesce anche perché il Procuratore Giuseppe Chieco trasforma l’informativa finale della Guardia di Finanza in un documento fantasma, ficcandolo in un procedimento penale diverso da quello per cui era stato chiesto e redatto. Ebbene, tutti gli altri magistrati che si sono occupati direttamente del caso, quelli che operano a Matera e ne sono venuti a conoscenza, quelli che sono direttamente stati informati dell’abuso, gli organi di polizia giudiziaria che operano e sono stati resi edotti formalmente della vicenda, tutti costoro fanno finta di nulla. Conoscono gravi reati commessi da Giuseppe Chieco e Annunziata Cazzetta (gà denunciati alle Procure competenti, a continuano a far finta di niente. Sì, dirà qualcuno, ma se uno il coraggio non ce l’ha, non può darselo. È vero, ma il personaggio di Don Abbondio, per questo motivo, è stato consegnato alla storia come l’emblema dei pavidi, degli accomodanti, dei servi, degli zerbini. Se è questa l’impronta che intendono lasciare della loro vita, facciano pure. Di nostro ci occuperemo di farlo sapere in giro. (di Filippo de Lubac)

a) in ordine al reato p. e p. dall'art. 416, commi 1 2 5, cod.pen. perché si associavano tra loro TUFANO quale Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Potenza, BONOMI quale Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Potenza, GENOVESE quale Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e per un periodo anche quale Procuratore della Repubblica Vicario presso il Tribunale di Potenza, nonché Procuratore della Repubblica FF, CANNIZZARO quale marito della GENOVESE e Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, CHIECO quale Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Matera, GRANESE quale Presidente del Tribunale di Matera, BUCCICO quale Avvocato componente del Consiglio Superiore della Magistratura es successivamente quale Senatore della Repubblica, GENTILI quale Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri Responsabile della Sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Potenza, BARBIERI quale Capo della Direzione Generale Magistrati presso il Ministero della Giustizia, FASANO quale Dirigente della Squadra Mobile della Questura di Potenza, LABRIOLA quale Avvocato Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Matera, ed altri per cui non si procede in questa sede, al fine di commettere più delitti, ed in particolare quelli di corruzione e corruzione in atti giudiziari, come indicato nei capi che seguono, con le loro condotte, occultando anche i legami tra di loro e soprattutto tenendo segrete le finalità e gli scopi del sodalizio criminoso, svolgevano attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali (Ordine Giudiziario, Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero della Giustizia, in particolare attraverso attività di ostacolo, pressioni e delegittimazione di magistrati in servizio presso la Procura della Repubblica di Potenza e l'Ufficio del Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Potenza, impegnati in indagini difficili e complesse che avevano ad oggetto in particolare, per reati gravi contro la pubblica amministrazione ed altro, settori dei cd colletti bianchi) e di amministrazioni pubbliche (attraverso la delegittimazione ed il tentativo di condizionamento della Polizia Giudiziaria delegata ad indagini preliminari delicate e complesse, in particolare nei confronti di appartenenti alla Polizia di Stato, alla Polizia Municipale ed all'Arma dei Carabinieri ed altresì attraverso il condizionamento di persone informate sui fatti), nonché attraverso il condizionamento di amministrazioni pubbliche (quali la Regione Basilicata, il Comune di Potenza e l'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza). Tale sodalizio diveniva punto di riferimento di politici (anche di opposti schieramenti), amministratori pubblici, avvocati, imprenditori e faccendieri vari che avevano necessità di interventi illeciti per il condizionamento, in loro favore e di persone di cui erano referenti, dell'attività giudiziaria che si svolgeva presso gli uffici giudiziari di Potenza e Matera. Sodalizio che operava con distribuzione di ruoli ed avvalendosi in modo servente agli interessi associativi di mezzi e strutture pubbliche. I pubblici ufficiali, partecipanti al sodalizio, asservivano, pertanto, in modo stabile, la loro funzione ad interessi di privati, ricevendo utilità varie, quali incarichi in ruoli di vertice all'interno dell'Ordine Giudiziario, incarichi presso la Commissione Parlamentare Antimafia, la disponibilità diretta dell'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza. la promessa di assunzione di parenti presso strutture pubbliche, interventi indebiti presso il Consiglio Superiore della Magistratura ed il Ministero della Giustizia, il consolidamento di posizioni di prestigio e di influenza dominante all'interno dei gruppi di potere, in primo luogo politici (con rilevanti componenti massoniche), operanti in Basilicata ed in Roma, condotte di favore da parte di appartenenti alle forze dell'ordine, nonché divenendo interlocutori privilegiati di esponenti di primo piano della Camera Penale degli Avvocati di Potenza e Matera. Atti di ufficio di mercimonio che si concretizzavano, in particolare, con comportamenti contrari ai doveri di fedeltà (attraverso la violazione sistematica di norme giuridiche), di obbedienza (attraverso l'asservimento di funzioni pubbliche, anche di rilevanza costituzionale, per il perseguimento di interessi personali e di gruppo), di segretezza (attraverso la diffusione tra i sodali ed i beneficiari delle condotte illecite di notizie coperte da segretezza e riservatezza), di imparzialità (attraverso le coperture fornite ai sodali ed ai magistrati che non creavano "problemi" agli interessi dei centri di potere, anche occulti, protetti dal sodalizio, ed ostacolando l'attività giudiziaria compiuta da magistrati che esercitavano le funzioni in ossequio ai principi di uguaglianza alla legge ed all’obbligatorietà dell'azione penale), di onestà (piegando le loro funzioni. attraverso il mercimonio delle stesse, in favore di centri di potere extragiudiziari) e di vigilanza (offrendo coperture a magistrati e pubblici ufficiali collusi ed esercitando, in violazione di legge, asseriti poteri di vigilanza per contrastare magistrati e pubblici ufficiali che agivano per l'interesse pubblico in modo conforme a legge). Condotte illecite concretizzatesi non solo attraverso fatti di mercimonio dei doveri dell'ufficio per atti formali (provvedimenti giudiziari ed amministrativi), ma anche attraverso il sistematico e generalizzato favoritismo in violazione anche del principio costituzionale del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione ed asservimento dei beni pubblici protetti ad interessi privatistici di singoli e di gruppi. Ed in particolare, sodalizio che ha operato anche con le seguenti condotte:

TUFANO e BONOMI, avvinti da solidi legami anche di natura personale, collocati ai vertici degli uffici giudiziari requirenti di Potenza, esercitavano indebita attività d'interferenza nei confronti del Procuratore della Repubblica di Potenza Giuseppe GALANTE, dei Sostituti Procuratori della Repubblica Vincenzo MONTEMURRO ed Henry John WOODCOCK, dei Giudici per le indagini preliminari Alberto IANNUZZI e Rocco PAVESE, nonché garantivano illecita copertura, attraverso l'omissione della dovuta attività di vigilanza, ad appartenenti dei medesimo sodalizio, quale il Sostituto Procuratore della Repubblica della DDA di Potenza, nonché Procuratore della Repubblica Vicario, Felicia GENOVESE; condizionavano procedimenti penali in cui risultavano interessati Avvocati a loro “vicini”; condizionavano la polizia giudiziaria impegnata in indagini delicate e complesse soprattutto per reati contro la pubblica amministrazione ed anche al fine di dirigere le loro attività contro Magistrati della Procura della Repubblica di Potenza e di loro collaboratori;

GENOVESE e CANNIZZARO garantivano l'esito di procedimenti penali di loro interesse e delle persone di cui erano garanti (in particolare quelli nel settore della sanità, cd. processo PANIO in primo luogo) ed offrivano utilità varie attraverso il ruolo del dott. CANNIZZARO all'interno della più grande azienda ospedaliera della Basilicata; BUCCICO, in particolare quale Avvocato e Consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura, quale controprestazione di interventi giudiziari in suo favore e/o di persone a lui comunque riconducibili, garantiva il suo intervento presso pratiche (disciplinari, para disciplinari incarichi direttivi e semi direttivi ed altre ancora) innanzi al Consiglio Superiore della Magistratura che riguardavano sodali ed altri magistrati (tra cui il TUFANO ed il CHIECO), nonché incarichi presso Organi Costituzionali ed il consolidamento di posizioni negli ambienti politici e professionali della Basilicata. Il BUCCICO garantiva, in particolare, interventi di favore presso il CSM nei confronti dei Presidente del Tribunale di Matera, Iside GRANESE, con riferimento ad un debito che questa aveva con la Banca Popolare del Materano, Istituto Bancario più volte patrocinato dallo stesso studio legale BUCCICO; prometteva e faceva avere, inoltre, al Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, Felicia GENOVESE, l'incarico di Consulente presso la Commissione Parlamentare Antimafia (quale controprestazione del suo asservimento agli interessi illeciti dello stesso BUCCICO); GRANESE, quale Presidente del Tribunale di Matera, al fine di assicurare l'impunità a CARUSO Attilio, Presidente della Banca Popolare del Materano, per alcuni fatti illeciti commessi nella gestione del Consorzio Anthill (in particolare la turbata libertà degli incanti durante la gara UMTS) e della ILM srI, compiva condotte finalizzate all'ottenimento dell'illegittimo fallimento del predetto Consorzio; la GRANESE risultava Giudice in diverse cause nella quali era convenuta la Banca Popolare del Materano nello stesso periodo in cui il Presidente del Tribunale aveva contratto un rapporto di mutuo, a condizioni di eccezionale favore, con il predetto Istituto Bancario; LABRIOLA, nel suo ruolo di Avvocato ed anche Presidente della Camera Penale di Matera, assumeva il ruolo (anche in virtù dei suoi legami di tipo massonico) di condizionamento di processi, unitamente al BUCCICO, nel distretto giudiziario di Potenza, in particolare nella vicenda relativa ai cd. brogli di Scanzano jonico; CHIECO, quale Procuratore della Repubblica di Matera, garantiva l'esito favorevole dì taluni procedimenti presso la Procura della Repubblica di Matera anche attraverso i legami con l'Avv. BUCCICO e l'Avv. LABRIOLA (con particolare riferimento ai fascicoli procedimentali in cui risultavano interessati Michele Francesco ZITO, Carlo GAUDIANO e l'Avv. Beatrice Maria GENCHI, ed in generale tutti quelli che riguardavano persone con le quali intratteneva rapporti di interesse o persone offese che potevano danneggiare persone a lui vicine);

GENTILI, quale alto Ufficiale dell'Arma responsabile dell'aliquota Carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Potenza, unitamente alla FASANO dirigente della Squadra Mobile della Questura di Potenza, rappresentavano i punti di riferimento del sodalizio nell'ambito della polizia giudiziaria: in modo tale da dirigere attività di ostacolo nei confronti di altri appartenenti alla polizia giudiziaria che prestavano doverosamente il loro lavoro nel perseguimento della giustizia, carpire in modo indebito informazioni riservate, divulgare notizie coperte da segreto investigativo, condizionare avvocati e persone informate sui fatti; BARBIERI rappresentava uno dei punti di riferimento presso il Ministero della Giustizia al fine di indirizzare attività di accertamento ispettivo di tipo strumentale, nonché attività di indebita pressione e condizionamento, nei riguardi di magistrati impegnati in procedimenti delicati e complessi presso gli uffici giudiziari di Potenza, e di offrire, contestualmente, garanzie di “coperture” istituzionali ai magistrati del sodalizio e di quelli a loro a qualsiasi titolo collegati che pure a fronte di nefandezze varie non subivano accertamenti altrettanto pervasivi dagli organi istituzionali di vigilanza.

mercoledì 3 giugno 2009

Berlusconi ha esaurito il suo compito? Sibillina intervista a Marcello Dell'Utri

dal quotidiano "Il Resto" del 2 giugno 2009
L'ombelico del mondo, secondo una cultura misteriosa e pittoresca, si troverebbe nell'oceano pacifico e più precisamente nell'Isola di Pasqua. Ma per noi lucani è sempre più evidente che non può essere molto lontano dai nostri "calanchi". Lo suggeriscono i giacimenti petroliferi più ricchi dell'Europa continentale, una ricchezza di acque minerali e per uso irrigazione senza pari nell'intero Mezzogiorno d'Italia, una concentrazione di Logge Massoniche di cui si avverte la presenza e (a volte) anche l'incombenza. Ma, più di tutto, la constatazione che tutti i fatti politici e giudiziari clamorosamente venuti in luce negli ultimi due anni passano per la Basilicata. Sarà un caso? Forse, ma bisogna anche cercare di rintracciare e inanellare tante coincidenze e qualche nome ricorrente; poi la probabilità che si tratti di eventi casuali si riduce quasi a zero: quasi! Alcuni giornali (pochi per la verità) avevano classificato i procedimenti avviati dal PM Luigi De Magistris in quel di Catanzaro come il più grande scandalo della storia repubblicana, se non proprio della storia d'Italia. Se si analizza quanto è accaduto ai procedimenti Why Not, Poseidone e Toghe Lucane e maggiormente se si considera quanto accaduto al “dottore” (così chiamavano De Magistris i suoi coadiutori più stretti) ed ai suoi consulenti e collaboratori (Genchi, Sagona, Zacheo) è tutto molto chiaro. Allora, viene da chiedersi, se non si tratti dello stesso scandalo di cui vaticinava il Presidente Berlusconi, quando prometteva rivelazioni sconvolgenti entro breve tempo. Ovviamente, tutti hanno dimenticato queste promesse e nessuno più interroga il buon Silvio nazionale. Per altro verso, invece, molti lo stanno mettendo alla gogna per le sue presunte frequentazioni private, cioè fuori protocollo (o quasi). Povero Silvio, lui sbraita contro i magistrati che vorrebbero attuare un golpe, spodestarlo dal piedistallo su cui l'hanno posto milioni di italiani. E come sarebbe possibile una simile azione, visto che una Legge dello Stato lo sottrae ad ogni Tribunale, Legge o Regolamento? Forse non è proprio così lineare, forse non sono gli oppositori a volerlo mettere da parte (non potrebbero). Qualcosa sembra intravedersi nell'intervista resa al Corriere della Sera da Marcello Dell'Utri. Dice il potente politico siciliano che nei “festoni a Villa Certosa, ci sono subito due o tre situazioni che, ogni volta, tolgono il fiato a chi partecipa per la prima volta”. E subito spiega: “c'è la gelateria. Tu vai lì e ti servono tutto il gelato che vuoi. Gratis. E sa qual è il gusto più buono? Il gelato del Presidente”. Ora, che gli ospiti del Cavaliere si debbano meravigliare (al punto da restare senza fiato) di poter sorbire del gelato e per giunta senza pagarlo, francamente, è assurdo. Nemmeno gli ospiti del più taccagno genovese, si meraviglierebbero di tanta generosità. Allora cosa intende Dell'Utri quando dice “gelato”? E quale sarebbe il “gelato del Presidente”? L'impressione è che Berlusconi abbia portato a termine il suo compito e adesso, totalmente prigioniero di consigli a cui non può dire di no, al massimo possa servire da parafulmine. Inutile persino attaccarlo, servirebbe a distrarre gli sguardi da quella ristretta cerchia di signori che hanno realizzato il progetto di Licio Gelli, senza mai apparire riconoscibili. Intanto, nell'ottobre 2008, il Governo Berlusconi ha dato il visto finale al piano di emergenza esterna per gli incidenti nucleari all'Itrec di Rotondella dove si custodiscono da quarant'anni le barre di combustibile nucleare provenienti da Elk River e diversi quintali di Uranio, Torio ed altri elementi radioattivi. Chi avrà modo di leggerlo (prossimamente su queste pagine), capirà perché l'elemento radioattivo più pericoloso è lo Stronzio e la Basilicata se non è l'ombelico del mondo ci sta molto vicino. (di Filippo de Lubac)