mercoledì 29 luglio 2009

Nicola Mancino, l'attacco immeritato e la solidarietà del CSM

Il Signor Nicola Mancino, parlamentare e vice-presidente del CSM, uomo politico di lungo corso con rilevanti ruoli di responsabilità istituzionale, pietisce solidarietà a destra ed a manca e la riceve: da destra, da manca e persino dallo stesso CSM. Così può continuare a esporre l'immagine di un servo fedele dello Stato evitando di affrontare la realtà e le domande cui avrebbe il dovere (e non la facoltà) di rispondere. Per guardare sotto la faccia incartapecorita e la facciata tinteggiata a nuovo dai vari solidali (che in alcuni casi sarebbe opportuno definire sodali) è sufficiente conoscere due fatti:

1) Quando (nel 92 dopo due mesi dalla tragica morte di Giovanni Falcone) Nicola Mancino venne nominato Ministro degli Interni, ricevette la visita di Paolo Borsellino. Magistrato che aveva preso il posto di Giovanni Falcone. Borsellino da quell'incontro uscì in lacrime ma il signor Nicola Mancino non se ne ricorda. Anzi, dice di più, afferma che non conosceva Paolo Borsellino. Possiamo credere che il Ministro degli Interni italiano non conoscesse il magistrato che più di ogni altro aveva collaborato con Giovanni Falcone, che ne aveva ereditato le funzioni, che era al centro delle attenzioni di tutta l'Italia, anche della mafia? Mancino ha mentito per anni, continua a mentire e, vergognosamente, continua a godere dell'avallo di tante alte figure politiche, istituzionali e della magistratura;

2) Quando, pressato dalle contraddizioni insite nella incredibile pantomima di cui al punto che precede, il signor Nicola Mancino ha dovuto ammettere che sì, forse potrebbe anche aver incontrato Paolo Borsellino, l'ha fatto con una delle più infelici (e indicative) espressioni lessicali che si siano mai sentite: "probabilmente sarà venuto ad omaggiarmi". L'idea stessa che Paolo Borsellino, fedele servitore dello Stato e delle Istituzioni che ha pagato con una morte tragica e violenta una condotta morale e professionale integerrima, possa essere andato ad "omaggiare" il signor Mancino è fastidiosa. Ma che un simile vocabolario sia stato utilizzato dal signor Mancino è ributtante. Attribuire al magistrato più esposto d'Italia (morirà dilaniato dal tritolo pochi giorni dopo averlo "omaggiato"), anche solo in via ipotetica, l'intento di "omaggiarlo" è l'atto più arrogante e protervo che Mancino potesse commettere.

In questi giorni viene a galla quella melma di cui, per anni, abbiamo sentito il tanfo. Ci dicevano che erano congetture, frutto di fantasie perverse, complottismo. Una puzza nauseabonda che pretendevano fosse solo una sorta di autosuggestione. Ma adesso non è più così, qualcuno inizia a parlare, qualcosa di rilevante è già formalizzato negli atti giudiziari di Why Not, Poseidone, Toghe Lucane. Utveggio non è più solo un nome misterioso ed i mandanti della strage di Via D'Amelio e di Capaci non sono solo i mafiosi con la coppola e l'affiliazione rituale. La melma viene a galla e non basteranno le solidarietà, i piagnistei, le sparate d'orgoglio di facce bronzee a trattenerla dove è stata sin'ora. Intanto, ricordiamo a Mancino un impegno assunto solennemente: "se anche solo un sospetto dovesse avanzarsi sulla mia persona mi farò da parte". Quelli avanzati sono ben più che sospetti, sia leale signor Mancino, almeno una volta nella vita, sia leale con se stesso e con gli italiani. Il Signore gliene renderà merito. (di Nicola Piccenna)

2 commenti:

  1. Ci farebbe molto piacere, come cittadini, che il signor Mancino mostrasse coerenza nelle parole e nei fatti.

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  2. di Salvatore Borsellino
    Si susseguono e si accavallano le dichiarazioni di Nicola Mancino e di Giuseppe Ayala ma quello che in ogni caso ne emerge è che Nicola Mancino sotto la spinta di quanto trapela dalle indagini in corso presso la Procura di Palermo e la Procura di Caltanissetta, dalle frammentarie notizie che trapelano sulle rivelazioni di Massimo Ciancimino e di Giovanni Brusca, dalla notizia delle tre ore di interrogatorio a cui è stato sottoposto Salvatore Riina nel carcere di Opera, sembra essere passato, da uno stato di amnesia profonda, prima a sprazzi di memoria che gli hanno fatto tornare in mente particolari che prima non ricordava, poi a ricordi frammentari che riguardano, guarda caso, persone ormai morte (o perché vittima di stragi o per cause naturali), poi ad uno stato confusionale che lo porta a fare affermazioni in contrasto con quanto precedentemente dichiarato o in contrasto con quanto affermato da Giuseppe Ayala che, nell'intenzione dei fornirgli un aiuto, spontaneo o richiesto, lo ha cacciato ancora di più in un vicolo cieco di menzogne e parziali ammissioni dal quale gli riesce sempre più difficile tirarsi fuori.
    Potrebbe essere questo il motivo per cui i Magistrati di Palermo e di Caltanissetta non lo hanno ancora convocato per interrogarlo: non essendo a conoscenza di quanto le due procure hanno già in mano grazie alle deposizioni di quanti sono stati interrogati o hanno deposto prima di lui, Nicola Mancino è costretto a giocare al buio e si sta avviluppando in una serie di parziali affermazioni, di parziali smentite, inverosimili "non so" e "non ricordo" che alla fine non potranno fare altro che ritorcersi contro di lui. Davanti a un Magistrato o in un'aula di Giustizia e molto più difficile usare l'espediente del "sono stato frainteso" tanto caro al nostro Presidente del Consiglio.
    (continua su www.19luglio1992.com)

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