venerdì 23 luglio 2010

È così semplice distinguere una toga indegna da un magistrato che compie il proprio dovere!

Le toghe non sono tutte nere come sostiene (oggi) qualche giornalista e nemmeno tutte rosse come sosteneva (ieri) qualcun altro. E la cosa si ripete per gli avvocati, i salumieri, i giornalisti ed i ciabattini. Sostenere il contrario equivale a rivendicare l'intangibilità della categoria ed è questa l'ultima spiaggia cui si ricorre oggi che il sistema giudiziario italiano viene scosso dalle fondamenta. Non sono tutti corrotti o collusi. Qualcuno allo scoperto e molti di più con eccessiva timidezza, tanto da rasentare la pavidità, hanno tenuta accesa la fiamma della legalità. È la notte e di notte tutte le toghe sono nere, dice Facci. È vero, ma egli con molti altri non ha certo contribuito ad illuminare la “scena”. Si rileggano gli atti delle inchieste “Why Not”, “Poseidone” e, soprattutto, gli atti dell'inchiesta “Toghe Lucane” e, immodestamente, si abbia il buon gusto di rileggere il contenuto di questo blog (http://toghelucane.blogspot.com/2010/05/lanalisi-e-le-inevitabili-conseguenze.html ). La luce è sempre stata accesa e le toghe nere sono state facilmente distinguibili dalle altre. Come erano già chiare le consorterie che oggi un sospetto afflato moralistico chiama con dispregio “P3”.
L'operato del CSM non è stato solo opaco, condizionato, poco chiaro: è stato criminale e come tale va considerato. Resta solo da vedere se, ricevendo formale denuncia querela il 12 maggio 2010 S.E. Il Procuratore Generale della Suprema Corte di Cassazione abbia proceduto come per legge ad iscrivere i membri del CSM nel registro degli indagati ed aprire il doveroso procedimento penale.
È così semplice distinguere una toga indegna da un magistrato che compie il proprio dovere che sostenere il contrario è un atto di vero e proprio sovvertimento dell'ordinamento democratico.
Cosa si aspetta a chiedere scusa e reintegrare nei loro uffici Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani, Luigi Apicella e Clementina Forleo?

venerdì 2 luglio 2010

Elezioni CSM: voto di scambio?

Il 4 e 5 luglio i magistrati eleggeranno i 16 rappresentanti togati in seno al Consiglio Superiore della Magistratura, quel cosiddetto organo di autogoverno dei magistrati che esprime ipso-iure il concetto di conflitto d'interessi. I magistrati che sono chiamati a controllare (e sanzionare) l'operato dei magistrati costituiscono i due terzi del Consiglio, vengono eletti dai magistrati con un sistema (da poco riformato) che nella sostanza è “pilotato” dalle correnti che già governano dell'Associazione Nazionale Magistrati. Poco cambia se la recente “riforma elettorale”, approvata dal Parlamento Italiano in materia di CSM, consente anche a magistrati indipendenti di competere. Gli eletti saranno i soliti “designati”, si accettano scommesse. Tuttavia non bisogna ignorare che sei intrepidi togati abbiano esposto facce e programmi. Timidamente. Forse troppo.
Milena Balsamo (Giudice del Tribunale di Pisa), che può essere votata fra i giudicanti; Salvatore Cantàro (Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma), che può essere votato fra i pubblici ministeri; Fernanda Cervetti (Consigliere della Corte di Appello di Torino) che può essere votata fra i giudicanti; Edoardo Cilenti (Consigliere della Corte di Appello di Napoli - Sezione Lavoro), che può essere votato fra i giudicanti; Si sono aggiunti Paolo Corder e Carlo Fucci, che appartengono ad una corrente (Unità per la Costituzione) e non avendo ottenuto la candidatura “intra-menia” hanno optato per l'indipendenza (temporanea).
Il dato più rilevante è un altro, non si riesce a conoscere i nomi dei candidati dalle “correnti”. O, perlomeno, non è semplice ai non addetti ai lavori. Già questo potrebbe essere un servizio reso dai candidati indipendenti alla cittadinanza italiana che viene tenuta “fuori” dalla vicenda elettorale come se la composizione del CSM fosse una questione privata fra magistrati. Non è così, ovviamente, come si comprende da poche considerazioni. Supponiamo che un magistrato che sta indagando su altri magistrati (ex art. 11 C.P.P.) sia candidato per la “quota P.M.”. I suoi indagati, esprimendosi attraverso il voto, sono del tutto liberi o avvertono un qualche condizionamento? Se il primo nella sezione dove votano i secondi non dovesse vedersi riconosciuto alcun voto, sarebbe del tutto sereno quando tornerà al suo lavoro di PM? Un ultimo esempio. Se un magistrato PM si occupa di alcune decine di procedimenti penali che vedono denunciati altri magistrati (sempre i soliti due o tre) ben identificati e, invece che iscriverli nel registro degli indagati, procede contro ignoti; credete davvero che quei soliti (ed i loro amici e sodali) possano votare serenamente per un diverso candidato al CSM? Ebbene sarebbe molto più semplice (ed anche doveroso) che si conoscessero gli aspiranti Consiglieri Superiori affinché si potesse spiegare agli italiani che la pratica del voto di scambio non è prerogativa della bistrattata politica ma di ogni circostanza in cui l'espressione della volontà personale determina posizionamenti redditizi e fondamentali nell'ambito della Res Pubblica. Ovviamente, pur non potendo svolgere il tema in termini preventivi, nulla impedirà di effettuare le considerazioni a consuntivo. Almeno gli eletti dovranno pur essere noti, prima o poi!