lunedì 25 luglio 2011

C'è un Procuratore: Guglielmo Passacantando. C'è un (ex) magistrato: Alfonso Papa. C'è un senatore: Alberto Tedesco


C'è un sostituto in Cassazione che ha risolto un conflitto di competenza fra la Procura di Matera e quella di Catanzaro stabilendo che il procedimento deve restare ai magistrati materani. Ha emesso un apposito decreto in cui cita (sbagliando ma azzeccando in pieno) un procedimento penale in cui i suoi “colleghi” materani sono indagati per aver commesso un cumulo di abusi reiterati ed aggravati dal falso ideologico ed il mendacio in udienza. Questo magistrato, tale Guglielmo Passacantando, è ancora al suo posto come se nulla fosse, come se gli fosse stato contestata la scelta dei gusti di un gelato e non la flagranza del favoreggiamento a vantaggio di quattro o cinque magistrati che continuano, mentre scriviamo, a perpetrare quegli abusi che sin dal 2008 la Procura di Salerno aveva individuato ed iscritto nel registro delle notizie di reato.
C'è un ex magistrato che, essendo parlamentare, ha chiesto ai suoi colleghi di non votare l'autorizzazione alla custodia cautelare in carcere perché egli si ritiene innocente. È una gravissima presa in giro. Egli sa bene che l'unico motivo valido per opporsi al suo arresto sarebbe stato l'accertamento di una persecuzione politica. Il Parlamento non ha alcuna competenza per giudicare di innocenza o colpevolezza, la materia compete ai magistrati. Gli stessi che ritengono sussistere i requisiti per l'arresto. Alfonso Papa è stato arrestato, perché la Camera dei Deputati ha ritenuto che non vi fosse persecuzione politica all'origine della richiesta di arresto.
C'è un senatore che da trent'anni è nominato nelle inchieste giudiziarie che si occupano di corruttele nella sanità pugliese. Le prime notizie su Alberto Tedesco, percettore e collettore di tangenti, le fornì Francesco Cavallari al pool capeggiato da Alberto Maritati. Tedesco non venne nemmeno interrogato sulla questione. Sempre Alberto Maritati, scoprì che Massimo D'Alema era stato destinatario di almeno una dazione di denaro, ma non riuscì a perseguirlo prima che scattasse la prescrizione e, subito dopo entrò in politica. D'alema lo nominò sottosegretario ed oggi è ancora senatore, compagno di partito di Alberto Tedesco. Ci sono uomini che nascono con la camicia e Tedesco ne deve avere più d'una. Appena si seppe che era indagato, il partito lo elesse senatore e la richiesta d'arresto si bloccò davanti all'immunità. Martedì si è votato anche per l'autorizzazione all'arresto di Alberto Tedesco. A differenza di Alfonso Papa, Tedesco ha chiesto di votare concedendo l'autorizzazione e così ha dichiarato l'apparato del PD. Chiacchiere, tutte chiacchiere. Dall'urna è uscito un voto contrario. Alberto Tedesco continua a fare il senatore, continua a girare a piede libero e, chissà, magari andrà a visitare Alfonso Papa in carcere. Se non ci avesse presi in giro tutti, si sarebbe dimesso da senatore. Ma uno che l'ha fatta franca per trent'anni, uno che vanta fra i numi tutelari personaggi del calibro di Maritati e D'Alema, lo fate davvero così fesso?
C'è un avvocato che trent'anni fa organizzò una vasta campagna di delegittimazione del capitano dei carabinieri Salvino Paternò. Una raffica di querele bloccarono l'ufficiale costretto a difendersi nei tribunali militari ed ordinari. Poi si accertò che si trattava di querele false e calunniose. Gli stessi querelanti ammisero di aver firmato quello che veniva loro proposto da una ristrettissima cerchia di avvocati, tutti legati al nostro “dominus”. Paternò era già lontano, quando fu assolto. Per i calunniatori e gli istigatori nemmeno un interrogatorio, nulla. C'è un avvocato che venne denunciato con altri avvocati, magistrati e professionisti per una sequela di reati che spaziavano dallo spaccio di droga allo sfruttamento della prostituzione. Per molti di loro sorsero procedimenti penali che, con diverse motivazioni, sono stati definiti con provvedimenti di archiviazione. Ma il “dominus” non venne mai iscritto fra gli indagati. C'è un avvocato che oggi come allora, organizza campagne diffamatorie utilizzando ignari querelanti e magistrati accondiscendenti, con la finalità di impedire l'espressione delle opinioni ed il racconto dei fatti di pubblico interesse a lui sgraditi. Oggi come allora, si utilizzano metodi che a mente serena rientrerebbero nella metodologia mafiosa. Ma sereni i magistrati non sono, tanto da mentire spudoratamente persino durante le udienze e abusare palesemente dei propri uffici.
C'è un'Italia che non è nelle condizioni di sopportare ulteriormente il giogo dell'abuso e del sopruso, che ha gli uomini ed i mezzi per tornare a primeggiare nell'economia come nelle scienze. Un'Italia dove una casta incartapecorita è insopportabile a prescindere dal distintivo che esibisce sul bavero della giacca. Un'Italia in cui la Legge deve tornare ad essere uguale per tutti ed i magistrati devono tornare ad essere soggetti (solo) alla Legge. Dove un giovane deve poter competere fidando sulle proprie qualità e su quanto sa fare di buono professionalmente. C'è un'Italia diversa da quella che traspare dai parlamentari pronti a sostenere che Ruby Rubacuori è la nipote di Hosni Mubarak. Diversa da quella dove un pluripetente diventa consigliere regionale della regione locomotiva nazionale. C'è un'Italia che ha la fantasia, la tenacia, la forza, la bellezza, le risorse, la cultura per diventare il cuore pulsante dell'Europa.
Ci sono gli Italiani. Quelli che ancora leggono più di un giornale e non cercano scorciatoie. Quelli che non comprano i grattini e lavorano 12 ore al giorno. Che vivono, se sono fortunati, con un solo stipendio e non siedono in venti consigli di amministrazione, collegi sindacali o fondazioni miliardarie. Gli Italiani che non sono invidiosi di Berlusconi e provano pietà per i suoi vizi. Gli Italiani che non gradiscono le ovvietà di Napolitano e guardano con preoccupazione l'attivismo istituzionale di quel politico che c'ha messo cinquant'anni per capire che la Primavera di Praga era una cosa buona ed il comunismo una dittatura (ammesso che l'abbia capito davvero). Ci sono gli Italiani che faranno l'Italia, gli unici in grado di risollevarla. Purché ne abbiano coscienza e voglia e tempo e coraggio. Il tempo non è poi tanto! (dal settimanale “Buongiorno” del 23 lulgio 2011)

di Nicola Piccenna

sabato 16 luglio 2011

Passacantando o passascrivendo?

A cantare ci abbiamo provato, ma non passa. Vediamo se “passascrivendo”. È un sentimento di indignazione, di incredulità, di fastidio epidermico (persino), che non vuole andarsene. L'avvocato Bucicco si è sentito diffamato da 52 articoli pubblicati su un piccolo settimanale di provincia ed ha presentato 9 querele. In un colloquio con un alto magistrato il 16 gennaio 2007, disse: “ho fatto diciotto querele”. A quella data erano solo quattro, melius abundare, ma Buccico non è famoso per l'estrema accuratezza delle cose che racconta e nemmeno per l'aplomb anglosassone con cui affronta le critiche. Aveva anche detto che la registrazione di quel colloquio era illecita, ma anche questa affermazione è fallace. Quando cerca sponde o alleati veste i panni della vittima, del perseguitato e certamente tale si sente tanto s'immedesima nella parte. Così inizia una sequela di querele che ricalcano i canoni di un pianto greco: iniziato il 9.9.2006 e ripetuto il 14.10.2006, il 4.1.2007 (due volte nello stesso giorno ma i protocolli sono confusi), il 20.2.2007, il 27.2.2007, il 5.3.2007, il 2.4. 2007, il 5.4.2007. Dopo questa data, il PM Annunziata Cazzetta che ha preso a cuore le vicende di questi racconti che narrano di un Buccico sconosciuto, persino impaurito, lui che a vederlo sbraitare durante le udienze in Tribunale, sembrerebbe tutt'altro che indifeso e pauroso. Cazzetta si compenetra nelle doglianze e scrive: “di talché l'avv. Buccico viveva ogni settimana limitando i suoi movimenti nel timore di un successivo ulteriore articolo diffamatorio, che puntualmente arrivava”. Così, Annunziata Cazzetta, dopo aver accumulato nel suo cassetto querela su querela, il 3.5.2007 rompeva gli indugi e ne iscriveva sei tutte d'un colpo nell'apposito registro. Il codice di Procedura Penale (art. 335) dice che l'iscrizione deve avvenire immediatamente, appena si ha la notizia di un reato, ma Cazzetta di questi particolari non tiene conto. E altrettanto fa uno stuolo di magistrati che pur avendo accertato: “a parere dei PPMM, l'indagata (Annunziata Cazzetta, ndr) aveva l'obbligo di formulare al Capo dell'Ufficio istanza di astensione dallo svolgimento delle funzioni nell'ambito dei procedimenti che vedevano coinvolto il signor Omissis...” e che “in relazione alla violazione dell'obbligo di astensione ritiene, invece questa A.G. che la stessa effettivamente sussista”. Pur avendo chiaramente compresa la gravità delle azioni poste in essere da Annunziata Cazzetta la quale ha operato (ed opera tuttora) “intenzionalmente arrecando al signor Omissis e..” ad altri “un ingiusto danno, derivante dall'aver subito atti investigativi illegittimi invasivi della loro sfera di libertà personale (perquisizione e sequestro eseguiti il 26.7.2007 e attività di intercettazione telefoniche sulle utenze a loro in uso dal 17.5.2007 al 24.12.2007), nonché dall'essere sottoposti a procedimento penale innanzi ad un'Autorità Giudiziaria funzionalmente incompetente. La CAZZETTA avrebbe, inoltre, agito anche in violazione dell'obbligo di astenersi, sussistendo una situazione di grave inimicizia tra la stessa e uno degli indagati, signor Omissis, verso il quale aveva sporto denuncia-querela alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro per il reato di cui agli artt. 595 c.p. e 13 della Legge n. 47/194, in relazione ad un articolo pubblicato su “il Resto” del tutto simile a quelli oggetto delle denunzie del BUCCICO, già in data 26 marzo 2007 (con successiva integrazione del 30 marzo 2007) (p.p. n. 1083/07/21) e quindi un mese prima dell'iscrizione del signor Omissis nel R.G.N.R., nonché in data 12 ottobre 2007 (p.p. n. 953/08/21), in tal modo negando a quest'ultimo il diritto ad avere indagini preliminari svolte sotto la direzione di un pubblico ministero imparziale ai sensi degli artt. 97 Cost. e 358 c.p.p.”; nulla hanno posto in essere per impedirle di continuare nell'abuso. Ma non era ancora sufficiente tutto questo, occorreva un surplus di abuso. Un abuso sull'abuso. Ed eccolo servito. Guglielmo Passacantando, Sost. Proc. Gen. Presso la Supr. Corte di Cass. (se lo stipendio aumenta con la lunghezza del titolo è da invidiare), viene interessato da Annunziata Cazzetta che si oppone al passaggio del procedimento a carico del signor Omissis alla Procura di Catanzaro. Ed in venti giorni risponde e le da ragione. Tutti gli abusi di cui avevano scritto Luigi de Magistris, Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani, Rocco Alfano, Minerva, Petrolo, Dominijanni, Villani, Borrelli e Lombardi, per citare i primi dieci magistrati che balzano alla mente e non sono tutti, vanno a farsi benedire perché Passacantando conosce due sentenze della Suprema Corte di Cassazione che, a suo dire, avallano il suo decreto. Già, Guglielmo Passacantando che è stato nominato Sost. Proc. Gen. eccetera con il voto di Nicola Buccico (all'epoca nel CSM) e che cita due sentenze in cui Buccico è persona offesa (per una) e difensore (per l'altra). In cui (l'una), con un unicum nella consuetudine giurisprudenziale italiana, la Suprema Corte al nome di Nicola Buccico aggiunge l'appellativo: “strenuo difensore della legalità”. Con ciò precostituendo un giudizio che, a parere di alcuni, renderebbe nulla la sentenza medesima. Come se dopo il nome di un imputato, in una sentenza qualsiasi, si scrivesse “noto farabutto”! Figuriamoci in Cassazione. Eppure è accaduto.