sabato 24 settembre 2011

Toghe Lucane, quando il senatore Felice Belisario disse: “qualcosa di simile ad un Colpo di Stato”


Il diritto alla privacy, meglio sarebbe dire più italianamente alla riservatezza, è certamente un bene primario, indissociabile dallo stesso concetto di vivere civile. Ma questo sacrosanto diritto comporta un altrettanto pregnante dovere, quello di vivere la riservatezza con dignità morale e civismo etico. Ciò che rende poco dignitose certe abitudini non è il fatto che vengano conosciute attraverso le intercettazioni e disvelate da giornalisti dal dubbio gusto. Sono esse stesse, quelle abitudini, a suscitare vergogna e dispregio sociale. Così accade che nelle circa ventimila telefonate intercettate sulle utenze di alcuni giornalisti emergano giudizi e valutazioni degni di essere conosciuti poiché formulati da personaggi che ricoprono incarichi politici ovvero con importanti ruoli al servizio del vasto pubblico dei cittadini. Non si tratta di vicende scabrose e nemmeno di pettegolezzi pruriginosi, in 18.597 file audio nemmeno uno. Incredibile! Ebbene, iniziamo a guardare al lato utile delle intercettazioni che, per un verso, servono a dimostrare che l'indagato non solo è innocente ma addirittura rispettabile, dall'altro ci fanno conoscere cosa pensano e dicono alcuni maggiorenti della politica lucana. Iniziamo con Felice Belisario, esponente di punta dell'Italia dei Valori. La sua storia politica non brilla certo per i traguardi raggiunti per meriti elettivi, fatta eccezione per i tempi recenti dove l'intuito ed una legge elettorale indegna gli hanno consentito di giungere dove mai sarebbe giunto per effetto dei pochi voti personali che riesce a catalizzare. Nel 2007, e precisamente il 26 luglio, proprio nel giorno delle perquisizioni che la Procura di Matera disponeva a carico di 5 giornalisti ed un capitano dei carabinieri, Belisario si produsse in una analisi puntuale e rigorosa della gravissima situazione in cui versava la Giustizia in Italia ed in Basilicata. La riportiamo di seguito senza alcun commento, lasciando ai lettori giudicare quale considerazione si può riservare ad un uomo politico che nulla ha fatto per rimediare alle gravissime carenze che denuncia anzi che ha accolto a braccia aperte nell'IdV lucano Rosa Mastrosimone, pasionaria che difendeva a spada tratta il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, quando si dimise per protestare contro l'arresto di sua moglie, per cui venne chiesto il rinvio a giudizio accordato il 26 ottobre 2009 per tentata concussione. Una rispettabile donna, Mastrosimone, che in politica ha cambiato più di una casacca documentando come l'acchiappo dei voti è qualità preferibile alla coerenza politica ed al rigore delle idee. Proprio lo stesso stile del senatore Felice Belisario che ipse dixit: “Purtroppo la Procura della Repubblica di Matera sta commettendo degli errori su errori. Non so se in preda al panico, non se se in preda ad un po' di arroganza, non so per le pressioni che sta subendo. Non lo so qual è il disegno giudiziario della Procura di Matera e non mi interessa. Sotto il profilo politico io devo dire che vedo cose fuori dal mondo. Qualcosa di simile al Colpo di Stato perché Polizia Giudiziaria contro Polizia Giudiziaria. Procura di Matera, di fatto, contro la Procura di Catanzaro. Hai voglia a dire chiacchiere. Allora delle due l'una: o Catanzaro ha fatto una serie di errori incredibili e qualcuno lo dovrà pure dire, oppure Matera sta facendo degli errori straordinari e quella Procura va smantellata. O l'una o l'altra, non abbiamo una soluzione intermedia, una mediazione non c'è... Purtroppo è un periodo molto nero per la Basilicata, ce ne stiamo accorgendo in pochi, cioè vi è quella cupola che io ho denunciato a suo tempo che la vivevo. È una cupola precostituita, oppure si costituisce così, ci cala dall'alto. La verità è che qualcosa succede, perché mi pare veramente strampalato che una Procura della Repubblica stia cercando di fatto, secondo me, di sminuire il lavoro di Catanzaro.... Ma se Chieco, quando andai a dirgli io che c'è la mafia nel metapontino, mi rispose se ero pronto a fare un articolo di giornale così lui lo pigliava, io mi permisi di dire che un parlamentare della Repubblica che si muove per andare a parlare con lui per dirgli “vedi che nel metapontino ci sono problemi” e lui cade dalle nuvole, io non so che ci sta a fare un Procuratore della Repubblica a Matera! Stiamo tranquilli e che nessuno perda la calma. Alla fine ho fondati motivi di ritenere che gli errori verranno a galla. Su questo non ci piove”.

di Filippo de Lubac

giovedì 1 settembre 2011

Delitto di Cronaca - di Oliviero Beha


31 Agosto 2011 – pag. 18

il badante di Oliviero Beha

DELITTO DI CRONACA

Mentre leggete, viene tumulato – come detto qui ieri – Oreste Flamminii Minuto, principe del foro in materia di libertà di stampa. Vorrei dedicargli questa rubrica coinvolgendolo in un “a f fa re ” che di certo gli sarebbe piaciuto, e parecchio. Me lo immagino facilmente il 30 settembre prossimo in aula a Matera, nell’udienza preliminare, a sghignazzare difendendo un pugno di giornalisti e un comandante dei carabinieri in un processo che ha dell’incredibile. Stando alle carte, eh, per carità, lungi da me anticipare dubbi sull’estrema linearità e preparazione dei magistrati inquirenti e giudicanti… Ma quando leggo che uno dei processandi (un giornalista) si è visto contestare dal pm il reato di violenza fisica con l’uso delle armi (pag. 12 della richiesta di rinvio a giudizio) perché “in un articolo sfidava l’avv. Buccico a uno scontro fisico con l’uso di armi scrivendo: ‘Eh no, caro strenuo difensore, la battaglia deve essere ad armi pari. Coraggio, almeno per una volta, una sfida medioevale. Un cavallo a testa, una lancia e via’ ”, beh, quasi quasi sarei tentato di arrendermi. Il Buccico in questione è naturalmente l’inerme Nicola, senatore e sindaco di Matera. Le prove della diffamazione sarebbero gli articoli: dunque non basta già così? No, perquisizioni e intercettazioni per capire chi manovra questo manipolo di manigoldi, da dove prendano le fonti per notizie successivamente risultate vere e comunque soggette a un preciso articolo del codice, che non è esattamente quello dell’associazione a delinquere per diffamare a mezzo stampa. Si dice che ne uccida più la penna che la spada (e questa è la sostanza di tale processo secondo l’accusa), ma qui Oreste si sarebbe presentato in aula a cavallo dicendo che più che la penna è il ludibrio che polverizza la giustizia. Da queste righe, vi sarà evidente che non c’entra tanto il mio amico appena scomparso, maestro di vita e di pensiero e di libertà di stampa, quanto il rischio che corriamo un po’ tutti: siamo già immersi fino al collo nella palude di un’informazione schieratissima e insufficiente, figuriamoci se qualcuno gira la manovella per alzare il livello della fanghiglia così da far scomparire definitivamente la cronaca trasformandola in un “delitto”. Sto parlando del caso “Toghe lucane”, del processo a cinque giornalisti, appunto a Matera, tra cui Carlo Vulpio, del “Corriere della S e ra ” e Giovanni Carbone, di “Chi l’ha visto”, Raitre, oltre al Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Policoro, del reato di associazione a delinquere per diffamare che francamente ha un che di inedito: qui si fanno le cose in grande, ne accadono di tutti i colori, viene normalizzata una situazione che rovescia la realtà e fuori provincia non se ne sa nulla o quasi .Quindi quello che più preoccupa è la sordina dell’informazione sui rischi che corre l’informazione stessa. È vero, la stampa sotto qualunque cielo e qualunque forma di governo, autoritaria e/o democratica che sia, ha un’importanza enorme ma anche una pari responsabilità: perché almeno in teoria io posso informare – che so – sulle mascalzonate di un politico e di un imprenditore o anche di un giudice mentre per loro è un poco più difficile replicare, e per le fasce più deboli (solitamente “carne da cannone” mediatica) praticamente impossibile. Ma se è la stessa informazione in loco che viene lasciata sola da un’informazione più vasta, da una cassa di risonanza maggiore “come se” quello che sta accadendo a Matera fosse cronaca locale? Come si difende l’informazione ristretta dalla mancanza di informazione nazionale? Ah, ci fosse ancora quell’avvocato lì, in partenza per Matera dove le parole invece che pietre sono diventate sassi.