giovedì 31 gennaio 2013

Giorgio Napolitano versus Gustavo Raffi: i sentimenti comuni sui valori massonici che salveranno l'Italia

Ecc.mo Presidente della Repubblica Italiana, On. Giorgio Napolitano,


Ill.mo Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia avv. Gustavo Raffi (GOI),

Un recente intervento del Gran Maestro Avv. Gustavo Raffi, ricorda a quanti ne avessero bisogno ed anche a quanti guardano senza pregiudizio gli alti principi che ispirano la fratellanza massonica che il fine ultimo ed unico di quella associazione secolare è l'elevazione dello spirito dei suoi iscritti. Questo, inevitabilmente, alimenta una cordialità ed una vicinanza a tutti gli uomini (anche non massoni, ovviamente) nell'intento di promuoverne la libertà e lo sviluppo prosperoso: "La Massoneria non taglia le ali a nessuno. Il Grande Oriente d'Italia non si schiera in politica né può essere usato, peraltro con i soliti e banali luoghi comuni, come genere letterario da spendere in campagna elettorale". Il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Gustavo Raffi, commenta così l'uscita estemporanea del leader di Sel, Nichi Vendola. "Piuttosto - incalza Raffi - i politici facciano un salto di qualità: escano dalla gabbia dei comizi e affrontino i veri problemi del Paese con l'onestà intellettuale di chi non mira a mietere unicamente consensi elettorali di parte. Oggi chi manca all'appello è il Cittadino, colui che non vive di spread e aride logiche bancarie ma vuole e deve tornare a essere protagonista della vita civile e politica dell'Italia, rifiutando il ruolo di suddito cui vogliono relegarlo i potentati di qualsiasi natura".

E' nota la vicinanza con cui S.E. il Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano segue i lavori della Loggia Massonica "Il Vascello" e apprezza i valori ispiratori della stessa Massoneria. Lo testimonia il telegramma inviato proprio al Gran Maestro Avv. Gustavo Raffi, pochi anni orsono:


E' noto ad entrambi gli illustri destinatari di questa comunicazione che i magistrati della Repubblica Italiana hanno il dovere di dichiarare la loro appartenenza alla Massoneria, non essendo ciò vietato ma ritenendosi opportuno ai fini delle valutazioni di progressione della carriera.
A volte, in passato, è accaduto che, venendo a conoscenza dell'adesione di un magistrato ad una qualche Loggia Massonica, si apprendesse che quel magistrato avesse omesso di comunicare quel suo "stato" all'organo preposto a conoscerlo cioè al Consiglio Superiore della Magistratura.

Per questi accadimenti e solo limitatamente ai magistrati, abbiamo proposto una petizione affinché sia rivolta domanda esplicita a tutti i magistrati in servizio in Italia circa la loro eventuale adesione a Logge Massoniche.
Una tale iniziativa che S. E. il Presidente On. Giorgio Napolitano vorrà assumere, eviterebbe quelle comprensibili dimenticanze e tante inutili e dannose dicerie che alimentano una visione distorta degli alti ideali e dei nobili propositi che i Maestri Muratori incarnano.

Proponiamo, quindi, che il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia ed il Presidente della Repubblica Italiana, On. Giorgio Napolitano, siano i principali fautori e promotori dell'iniziativa, sottoscrivendo entrambi la petizione pubblicata al seguente indirizzo: http://firmiamo.it/magistrati-italiani-appartenenti-alla-massoneria











domenica 20 gennaio 2013

Condanna morale definitiva e irrevocabile per Filippo Bubbico, politico per affari: con prove allegate

Di seguito trovate 6 "fatture per prestazione" emesse da un agronomo ai soci del Consorzio Seta Basilicata. Anno 1994, è in corso un progetto finanziato da fondi europei per coltivare gelsi, allevare bachi da seta e produrre seta. Le prestazioni di progettazione sono finanziate per buona parte del loro ammontare a fondo perduto. Il presidente del Consorzio Seta Basilicata è Filippo Bubbico che ha lo stesso codice fiscale di Filippo Bibbibo, Presidente del Consorzio Seta Italia, consorzio che raggruppa consorzi di varie regioni (compresa la Campania).
Arch. Filippo Bubbico

Poi si accerterà che Bubbico e Bibbibo sono la stessa persona e che si è trattato di un mero errore di un qualche dipendente della Camera di Commercio di Napoli. Ma torniamo alle fatture. Dopo l'ultima fattura dell'agronomo, arriva il conto di Bubbico sotto forma di regolare fattura (vedi immagine, settima). Gli architetti Bubbico fatturano all'agronomo la consulenza per le progettazioni agronomiche pari a circa il 75% del fatturato dell'agronomo. Tre quarti del lavoro, in pratica l'hanno fatto gli architetti. Forse i bachi avevano esigenze particolari! Insomma, quel fondo perduto era da intendersi sì come pagato con soldi della Comunità Europea ma anche come perduto per l'agronomo che non avrebbe visto una lira.
Ebbene, Filippo Bubbico non rientra fra coloro per cui il PD stabilisce la "patente" di impresentabile. Ma per noi, cittadini Lucani, Italiani ed Europei, è presentabile un politico che si faceva restituire il 75% di quello che un onesto lavoratore (agronomo) produceva col suo onesto lavoro? E' peggio degli impresentabili che hanno un procedimento penale pendente da cui potranno (e ce lo auguriamo per loro) essere scagionati o assolti. Poiché il comportamento del politico che abusa del proprio ruolo per tartassare la povera gente che lavora, tristamente diffusi in Basilicata ed anche altrove) meritano la condanna definitiva ed inappellabile della società civile. Nel caso specifico, vista la pessima legge elettorale Italiana, questa condanna deve esprimersi attraverso il non voto alla lista del PD in cui il signor Filippo Bibbibo è in posizione di sicura elezione. Votate altri o non votate affatto, ma Bibbibo, per piacere, mandiamolo a casa. Magari potrà riprendere a coltivare quei gelseti che sono costati miliardi di euro e di qui esistono ancora piante sparse in quel di Montescaglioso.







Fattura dello studio Bubbico (Filippo & C.)



Quel giorno il Procuratore Generale S.E. Vincenzo Tufano si stracciò le vesti

I comportamenti e la tolleranza di casta che ci fanno vergognare delle istituzioni giurisdizionali

Quel giorno, all'inaugurazione dell'anno giudiziario, Sua Eccellenza il Dr. Vincenzo Tufano si stracciò le vesti. “Hanno fatto strame della giustizia”, tuonò, Si riferiva all'inchiesta “Toghe Lucane” in cui era indagato per gravissimi reati, aveva subito una ignominiosa perquisizione e che era stata archiviata. Da quella stessa inchiesta, esaminata meglio e riaperta a Catanzaro, emergono comportamenti di cui, a prescindere dagli esiti giudiziari, c'è da tenere conto per comprendere quale era la considerazione delle istituzioni di queste Eccellenze. C'è anche da dire che tutti gli organi di controllo e di governo della magistratura erano perfettamente informati di questi comportamenti e nulla hanno posto in essere per farli cessare attendendo pazientemente che Tufano e Bonomi andassero in pensione. Questa è una vergogna! Tufano Vincenzo: ...perché, quale Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Potenza, titolare del potere di sorveglianza sui magistrati, sussistendo le specifiche cause di astensione obbligatoria essendo egli legato da stretti vincoli di amicizia e da abituali rapporti di frequentazione alla dott.ssa Felicia Genovese ed al marito dr. Michele Cannizzaro, nonché avendo presentato il figlio Achille domanda di partecipazione a due concorsi per la copertura di posti di collaboratore amministrativo professionale e assistente amministrativo presso l'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, di cui il Cannizzaro era Direttore Generale - ed in violazione del citato art, 16 RDL 511146, all'epoca dei fatti vigente - che escludeva la possibilità che il potere di sorveglianza del Procuratore Generale potesse concernere comportamenti discrezionali da parte dell'Autorità Giudiziaria – e, infine, in violazione dell 'art. 53 c.p.p. - che garantisce la piena autonomia del Sostituto Procuratore nell'udienza preliminare - segnalava ai titolari dell'azione disciplinare l'omesso deposito, da parte del Sostituto Procuratore dr. Vincenzo Montemurro... Bonomi Gaetano: “...perché, al fine di commettere una pluralità indeterminata di delitti di corruzione, abuso di ufficio nonchè di diffamazione e calunnia in danno di magistrati in servizio presso gli Uffici Giudiziari del Distretto di Corte d'appello di Potenza - tra i quali il dott. Henry John Woodcock, il dotto Vincenzo Montemurro, la dott.ssa Annagloria Piccininni, la dott.ssa Laura Triassi, il dotto Basentini Francesco, il dotto Montemurro Vincenzo, tutti magistrati in servizio o già in servizio presso la procura della Repubblica di Potenza, il dott. Alberto Iannuzzi, già giudice per le indagini preliminari a Potenza. il dotto Amerigo Palma, giudice del tribunale di Melfi - e di esponenti politici operanti nella Regione Basilicata, nonché ancora di rivelazione di segreto di ufficio, finalizzata ali 'acquisizione, da parte del dott. Bonorni, di dati cognitivi - segnatamente notizie concernenti attività investigative in corso di svolgimento da parte della procura..della Repubblica ovvero della polizia giudiziaria - o di ufficiali di polizia giudiziaria – tra i quali l'isp. Pasquale Di Tolla, in servizio presso la Squadra Mobile di Potenza – per poter commettere gli altri reati rientranti nel programma criminoso... si associavano stabilmente in una struttura organizzativa nella quale ricoprivano i seguenti ruoli: Bonomi Gaetano, quale magistrato della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Potenza, quale capo e promotore dell'associazione... 

Magistrati imputati in Toghe Lucane bis

Violazioni del codice penale contestate ai magistrati per cui i PPMM di Catanzaro hanno formulato la richiesta di rinvio a giudizio. Le violazioni contestate erano parte della prima inchiesta “Toghe Lucane” archiviata ma, secondo i PPMM intervenuti, con elementi probatori sufficienti per sostenere l'accusa in giudizio.

BONOMI Gaetano Sost. Proc. Gen. a Potenza (319, 321, 323, 326, 368, 416)
ROCA Modestino Sost. Proc. Gen. a Potenza (323)
DE LUCA Claudia Sost. Proc. a Potenza (323)
TUFANO Vincenzo Proc. Gen. a Potenza (323)

Codice Penale
Art. 319 - Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio

Art. 321 – Pene per il corruttore: chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità

Art. 323 - Abuso d'ufficio

Art. 326 - Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio

Art. 368 - Calunnia

Art. 416 - Associazione per delinquere


di Claudio Galante

sabato 19 gennaio 2013

Statuto della super "Fratellanza Giudiziaria" che controlla i "Tribunali Profani"


Un documento incredibile, è stato inviato come commento al "post" in cui è pubblicato il decreto istitutivo della Loggia "Pitagora". Il documento è stato ritrovato nella cassaforte di un noto avvocato massone. Non abbiamo effettiva certezza che corrisponda ad una super "Fratellanza Giuridica" che, all'interno della Fratellanza Massonica, costituisca una sorta di club privilegiato dal potere preoccupante. Di converso, però, tutto lascia pensare che sia autentico ed allora sarebbero guai seri. Certo è che in entrambi i casi, le procure cui verrà inviato immediatamente non potranno evitare d'indagare ed accertare se esistano davvero i Tribunali Massonici che si ergono a gestori di un livello superiore di Giustizia rispetto ai "Tribunali Profani" che poi sarebbero quelli cui accedono i cittadini Italiani. Inquietante il pronunciamento del Tribunale Massonico: "...principio n. 1 Cap. IV degli Antichi Doveri” il massone anche se a conoscenza di un reato non può neanche minacciare di denunciare un fratello a quello che viene definito “Tribunale Profano”, ovvero l’organo giudiziario previsto dalla Costituzione italiana, pena l'immediata espulsione dalla loggia."

A.G.D.G.A.D.U.

GRAN LOGGIA NAZIONALE
DEI LIBERI MURATORI D’ITALIA

“GRANDE ORIENTE D’ITALIA”

*
STATUTO DELLA “FRATELLANZA GIURIDICA”
(Approvato a Roma, il 21 settembre 1968)


1
La Fratellanza Giuridica è costituita da Fratelli attivi e quotalizzanti nelle rispettive Logge della Comunione italiana, appartenenti alle seguenti categorie professionali, e che ne facciano domanda: avvocati e procuratori legali –cancellieri – docenti di materie giuridiche – dottori commercialisti – magistrati – notai – ragionieri – ufficiali giudiziari.

2
La Fratellanza Giuridica ha come principali finalità:
a) Dare, quando richiestane, pareri giuridici al Grande Oriente o ai vari Organi massonici, attraverso la Gran Segreteria;
b) Promuovere lo studio dei problemi interessanti i vari aspetti del diritto, internazionale e nazionale, e quelli delle singole categorie iscritte alla Fratellanza;
c) Consentire una più fraterna collaborazione, nell’ambito di ciascuna categoria, per l’esercizio dell’attività degli iscritti;
d) Indicare nominativi di difensori d’ufficio, se richiestane dai Tribunali massonici;
e) Curare la raccolta della giurisprudenza delle decisioni degli organi giudiziari massonici, anche comparata con l’opera giudiziaria delle altre Comunioni regolari;
f) Studiare ed approfondire ogni altra questione attinente all’esercizio professionale degli iscritti, nel rispetto delle leggi e delle tradizioni massoniche.

3
La Fratellanza Giuridica ha sede presso il suo Presidente effettivo.
Essa può essere sciolta in qualunque momento, o per decisione del Gran Maestro, previo il parere favorevole del Consiglio dell’Ordine, o per decisione dell’Assemblea degli iscritti.
Le elezioni e le decisioni dei vari Organi della Fratellanza Giuridica sono valide a maggioranza semplice ed impegnano anche gli assenti e, per il caso di scioglimento, con il voto favorevole di almeno due terzi degli iscritti.
Le cariche non sono rinunciabili ed impegnano gli eletti sino a quando non siano accettate eventuali loro dimissioni, da inoltrarsi al Consiglio Direttivo.

4
Sono Organi della Fratellanza Giuridica:
a) L’Assemblea degli iscritti;
b) Il Consiglio Direttivo;
c) L’Ufficio di Presidenza;
d) Ufficio di Segreteria e Tesoreria.

5
L’Assemblea degli iscritti è convocata dall’Ufficio di presidenza almeno una volta l’anno, entro il 31 marzo, o quando appaia opportuno, ovvero quando gliene faccia richiesta la maggioranza semplice del Consiglio Direttivo oppure almeno un quinto degli iscritti.
Alla Assemblea sono demandate tutte le decisioni comunque riguardanti la Fratellanza Giuridica, anche nelle materie di spettanza dei singoli Organi.

6
Il Consiglio Direttivo è composto dai Delegati circoscrizionali, che durano in carica tre anni e sono rieleggibili.
I Delegati circoscrizionali vengono eletti, anche mediante schede inviate per posta, dagli iscritti alla Fratellanza Giuiridica, nell’ambito delle circoscrizioni regionali massoniche.
Il Consiglio Direttivo si riunisce per convocazione dell’Ufficio di Presidenza, almeno due volte l’anno, ovvero quando ne faccia richiesta, allo stesso Ufficio di Presidenza, almeno un terzo dei suoi membri.

7
Le riunioni del Consiglio Direttivo sono valide con la presenza di almeno la metà dei suoi componenti. In caso di parità di voti prevale quello del presidente.

8
Ciascun delegato circoscrizionale deve promuovere riunioni di iscritti, iniziative e attività varie, nell’ambito della propria circoscrizione, in armonia con le leggi massoniche, con le finalità della Fratellanza Giuridica, con le deliberazioni dell’Assemblea e del Consiglio Direttivo.

9
L’Ufficio di Presidenza è composto:
a) Dal Gran Maestro;
b) Dal presidente effettivo, che viene eletto dal Consiglio Direttivo;
c) Da un Vice-Presidente.
Al Presidente effettivo (o, in caso di suo impedimento o assenza, al Vice-Presidente) spettano la rappresentanza, la direzione, le decisioni di ordinaria amministrazione della Fratellanza Giuridica.

10
L’Ufficio di Segreteria è composto:
a) Dal Gran Segretario;
b) Da un Segretario o da un Vice-Segretario, nominati dal Consiglio Direttivo, ai quali spetta la tenuta degli schedari, dei verbali, della corrispondenza della Fratellanza Giuridica. L’Ufficio di Segreteria effettua il controllo annuale della regolare appartenenza alle Logge della Comunione di tutti gli iscritti della Fratellanza.
Il Segretario o il Vice-Segretario possono essere eletti anche al difuori del Consiglio Direttivo, nel qualcaso vi partecipano senza diritto di voto.

11
Il Tesoriere è nominato da Presidente effettivo, anche non fra i Delegati circoscrizionali, nel qual caso partecipa al Consiglio Direttivo senza diritto di voto.
Il Tesoriere cura l’amministrazione, la contabilità, la riscossione delle quote e degli eventuali contributi volontari, e quant’altro attiene alla economia della Fratellanza Giuridica.
Il Tesoriere redige, entro il 31 dicembre di ciascun anno il bilancio consuntivo degli incassi e delle spese, ed un bilancio preventivo per l’anno successivo, da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea.

12

Per far fronte alle spese di organizzazione e funzionamento della Fratellanza Giuridica, tutti gli iscritti devono versare una quota annuale.

13

Entro il 31 maggio di ciascun anno il Consiglio Direttivo:
a) Predispone ed approva bilanci consuntivi e preventivi redatti dal Tesoriere da sottoporre all’Assemblea;
b) Fissa l’ammontare della quota annuale obbligatoria a carico degli iscritti;
c) Redige una relazione morale sull’attività compiuta nell’anno precedente che, se approvata dall’Assemblea, viene inviata alla Gran Maestranza;
d) Delibera la destinazione delle somme pervenute per contributi volontari dai vari iscritti.

14
Ogni notizia relativa agli elenchi degli iscritti potrà essere chiesta e fornita dai rispettivi Delegati circoscrizionali, a ciascuno dei quali tali elenchi verranno consegnati, ovvero, in mancanza, dall’Ufficio di Segreteria.

15
Il presente Statuto potrà essere modificato con delibera di almeno un terzo degli iscritti, i Assemblea.

16
È demandata al Consiglio Direttivo la formulazione del regolamento di attuazione del presente Statuto.

Note:
1. come rivela una sentenza a sezioni unite del Tribunale massonico del 28/X/1978, per il principio n. 1 Cap. IV degli Antichi Doveri” il massone anche se a conoscenza di un reato non può neanche minacciare di denunciare un fratello a quello che viene definito “Tribunale Profano”, ovvero l’organo giudiziario previsto dalla Costituzione italiana, pena l'immediata espulsione dalla loggia.

Scusi Signor Prefetto Dr. Luigi Pizzi: nella Loggia "Pitagora" ci sono magistrati massoni? E nelle altre Logge di cui custodisce l'elenco degli iscritti?

Ecco in anteprima assoluta, la "Bolla massonica" con cui viene autorizzata la Loggia "Pitagora", una delle Logge Massoniche che avranno certamente consegnato l'elenco dei muratori iscritti alla Prefettura di Matera. Chiediamo all'Ill.mo Signor Prefetto, Dr. Luigi Pizzi, di verificare se, fra gli iscritti alla Loggia "Pitagora" ed alle altre Logge i cui elenchi sono depositati presso la Prefettura di Matera, vi sono magistrati e, in questa eventualità, di renderne noti i nomi al CSM ed ai cittadini.

venerdì 18 gennaio 2013

Magistrati Massoni: un significativo dibattito suscitato dalla petizione

Ma, oltre a discutere, sarebbe opportuno firmare!

Anonimo 17 gennaio 2013 12:36
beh... a intuito non credo sia questo il giuramento dei massoni... fosse così, le massonerie sono totalmente incompatibili con le democrazie che si basano e mettono al centro della costituzione, la sovranità del popolo. e, quindi, nell'Italia repubblicana, tanto basterebbe per dichiarare traditori della patria, e criminali, gli affiliati; e, associazioni mafiose da perseguire con le torture previste dall'art 416 bis c.p. le logge. torture che, invero, vengono applicate contro i paralitici-disadattati-cialtroni aderenti alle organizzazioni criminali che insistono in alcune regioni del meridione d'Italia. le quali, per essere spazzate via, invece, sarebbe sufficiente l'applicazione del c.p. con gli articoli ordinari, come avviene in tutti i paesi civili e democratici.
b

Anonimo 17 gennaio 2013 15:34
Per capire meglio, senza abbandonarsi al "romanzesco", basterebbe leggere per i tipi di Einaudi, nella collana degli Annali di storia italiana, il volume sulla Massoneria, e,in particolare, uno degli ultimi capitoli, a firma di A. Panaino, dove rituali e "impegni al segreto" vengono declinati con grande chiarezza.
Io sono massone, ed ho giurato su un testo diversissimo, in cui ho ribadito fedeltà alle Leggi ed alla Costituzione della Repubblica italiana. Questo nella Massoneria vera, ufficiale, pubblica (vedere anche su internet, www.grandeoriente.it). Cosa giurino in finte congreghe sedicenti massoniche, non mi interessa, come ad un cristiano interessa poco cosa predica un finto santone autoproclamatosi vescovo.
Anche se la Massoneria può non piacere - ed è lecito - bisognerebbe leggere ed informarsi dalle fonti ufficiali, prima di trascrivere sciocchezze: ripeto, basta una telefonata al Grande Oriente e Vi daranno copia del giuramento, senza alcuna difficoltà. A qualunque condanna (o assoluzione) si deve sempre arrivare attraverso l'acquisizione di prove certe e di un minimo di dibattimento, altrimenti è persecuzione o, al meglio, giustizia sommaria.


Nicola Piccenna 18 gennaio 2013 10:39
In verità, come ho più volte scritto ed anche in epoca recentissima su questo blog, non ho mai sostenuto che l'adesione alla Massoneria sia un disvalore o qualcosa di cui vergognarsi. Meno ancora che si tratti di un illecito oppure di comportamenti da condannare o perseguire. In questa ottica, fatico a comprendere gli interventi che precedono poiché assolutamente inconferenti rispetto a quanto penso e scrivo circa la Massoneria.
Nel caso specifico della petizione, la richiesta è quella di ottenere una formale dichiarazione di "appartenenza/non appartenenza" alla Massoneria da parte dei magistrati. Non già per una mia curiosità e nemmeno perché si ritiene a priori che un magistrato massone debba necessariamente comportarsi illecitamente nell'esercizio delle sue funzioni se i fatti vedono coinvolti suoi "confratelli". Semplicemente perché è un suo dovere dichiarare l'eventuale appartenenza. Un dovere stabilito e regolato da precise norme cui ha giurato di sottostare. Perché esistano queste norme che gli impongono di comunicare l'appartenenza alla Massoneria e non quella alla Chiesa Cattolica o Protestante, al Buddismo o al Club della Bocciofila Capitolina, non è poi così difficile immaginarlo. Ma se si facesse fatica si può sempre chiedere lumi al Presidente del CSM oppure al suo Vice pro-tempore.
Circa la questione poi della formula del giuramento, alquanto pittoresca, non meno pittoresche e ieratiche appaiono molte formulazioni, frasi e concetti di cui i siti ufficiali del Grande Oriente oppure ad esso esplicitamente collegati, fanno riferimento. Poi, se ne ha voglia, l'anonimo aderente, potrà mostrarci il suo tesserino di riconoscimento, quello rilasciato dalla Loggia di appartenenza e firmato dal Gran Maestro. Non tutto, solo nella parte dove è scritto che per i confratelli massoni è previsto un riguardo particolare!

giovedì 17 gennaio 2013

Petizione: Magistrati, giù il cappuccio!




http://firmiamo.it/magistrati-italiani-appartenenti-alla-massoneria

Il giuramento dei magistrati Massoni: petizione al CSM




Petizione al Capo dello Stato, On. Giorgio Napolitano, nella sua veste di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura: chiediamo a tutti i magistrati Italiani se sono affiliati alla Massoneria



Riceviamo da un anonimo lettore il testo del giuramento che pronunciano quanti aderiscono alla Massoneria. Non ci sono elementi per ritenere che sia davvero questo e nemmeno per escluderlo. Attendiamo in proposito, qualora lo ritenessero utile, comunicazioni di rettifica o precisazione dalle Logge ufficiali (da quelle segrete, evidentemente, non ci si può attendere nulla) che saremo lieti di pubblicare ancorché, ovviamente, siano accompagnate dal testo del giuramento utilizzato dai rispettivi iscritti.

Le domanda circa l'appartenenza alla Massoneria non può mai ottenere risposta affermativa, lo dicono, chiaro e tondo, le parole stesse del giuramento che gli aspiranti muratori pronunciano durante il rito d'iniziazione:

«prometto e giuro di non palesare giammai i segreti della Massoneria, di non far conoscere ad alcuno ciò che mi verrà svelato, sotto pena di aver tagliata la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacere, fatto il mio corpo cadavere e in pezzi, indi bruciato e ridotto in polvere, questa sparsa al vento per esecrata memoria di infamia eterna. Prometto e giuro di prestare aiuto e assistenza a tutti i fratelli liberi muratori su tutta la superficie della terra».

Chiaro, no? Come la mettiamo, allora, con quei confratelli che rivestono ruoli apicali in settori nei quali è richiesta la loro facoltà decisionale? Basta insomma, per fare un esempio, che qualche magistrato se la cavi dicendo frasi del tipo «La massoneria? Io l’ho lasciata da tempo…», senza poterlo in alcun modo provare? E come si comporterà se l’imputato – o, più spesso, l’avvocato di quest’ultimo – è un grembiulino come lui?

Tuttavia, le domande poste qualche giorno fa al Dr. Vincenzo Autera (Presidente di Corte d'Appello presso il Tribunale di Potenza) ed al Dr. Paolo Petrolo (Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Catanzaro) restano attualissime poiché, se non avessero niente a che fare con la Massoneria come bisogna ritenere non avendone comunicato l'affiliazione agli organismi superiori a ciò preposti (è fatto obbligo ai magistrati di dichiarare l'eventuale affiliazione alla Massoneria), non avrebbero nessuna difficoltà a rispondere un semplice “No, non sono mai stato affiliato alla Massoneria”.
La cosa ci sembra talmente ovvia e semplice che, visti i tanti e clamorosi casi di magistrati che vengono scoperti Massoni e che nulla avevano comunicato a riguardo (violando precise direttive e restando sovente al loro posto e sempre continuando ad amministrare la Giustizia), riteniamo di sottoporre la domanda a tutti i magistrati in servizio in Italia. Perché aspettare che facciano outing visto che non possono farlo, “sotto pena di aver tagliata la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacere, fatto il mio corpo cadavere e in pezzi, indi bruciato e ridotto in polvere, questa sparsa al vento per esecrata memoria di infamia eterna”?
Fra il buffetto che ricevono quando vengono scoperti e “le viscere lacere...”, cosa credete che preferiscano?
Il Presidente del CSM ed il Vice Presidente del CSM, promuovano una circolare in cui si chiede ai magistrati una dichiarazione giurata di appartenenza/non appartenenza alla Massoneria. È chiedere troppo?

martedì 15 gennaio 2013

Quelle risposte istituzionali che non arriveranno mai perché "quando Tufano si stracciò le vesti, erano lì in prima fila a battere le mani"!


I comportamenti e la tolleranza di casta che ci fanno vergognare delle istituzioni giurisdizionali

Quel giorno, all'inaugurazione dell'anno giudiziario, Sua Eccellenza il Dr. Vincenzo Tufano (Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Potenza, si stracciò le vesti. “Hanno fatto strame della giustizia”, tuonò, Si riferiva all'inchiesta “Toghe Lucane” in cui, da indagato per gravissimi reati, aveva subito una ignominiosa perquisizione. Quell'inchiesta si era conclusa con un'archiviazione chiesta dal Dr. Vincenzo Capomolla attraverso un meccanismo procedimentale non del tutto esente da valutazioni critiche. Mettendo mani alle duecentomila pagine dell'inchiesta sino ad allora condotta dal PM Luigi de Magistris, Capomolla pensò bene di spaginarla disaggregando i 118 faldoni e riaggregandoli in un ordine diverso da quello originario. Quello che era a destra finì a sinistra. I documenti che si trovavano sopra finirono sotto. Ed alla fine concluse, il Capomolla, che non vi erano elementi sufficienti per sostenere l'accusa in giudizio. In realtà, diversamente, quell'illegittimo rimescolamento di carte, che equivaleva ad una vera e propria distruzione di atti processuali, aveva reso quegli elementi difficilmente riconoscibili o rintracciabili. Prova ne è che poco tempo dopo e molto lavoro di riaggregazione dopo, i PPMM Rossi e Roberti, sempre a Catanzaro, riaprirono l'inchiesta archiviata arrivando ad una richiesta di rinvio a giudizio, fra gli altri, anche per Sua Eccellenza il PG Vincenzo Tufano. Ma non è l'esito giudiziario di questo nuovo processo che qui interessa, non è certo la condanna penale l'unico criterio di valutazione della realtà. Anzi, ripensando all'operato di magistrati tipo “Capomolla”, che pochi non sono, viene da pensare che la verità processuale sia la meno utile a quello scopo. La verità fattuale, quello che Tufano ed altri magistrati da par suo hanno fatto e che gli organi disciplinari e giurisdizionali gli hanno consentito di fare, dimostrano bene quale era la considerazione delle istituzioni di questi Eccellentissimi Signori. Come è possibile che tutti gli organi di controllo e di governo della magistratura, perfettamente informati di questi comportamenti, nulla hanno posto in essere per farli cessare attendendo pazientemente che Tufano e Bonomi andassero in pensione? Questa è la domanda che rivolgiamo ai rappresentanti del Ministro della Giustizia, del CSM, dell'ANM, del Tribunale di Potenza e che, probabilmente, resterà senza risposta perché i loro omologhi, quando Tufano pontificava, erano lì in prima fila a battere le mani!

Alcuni dei fatti reato contestati nella richiesta di rinvio a giudizio agli Eccellentissimi:
Tufano Vincenzo: ...perché, quale Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Potenza, titolare del potere di sorveglianza sui magistrati, sussistendo le specifiche cause di astensione obbligatoria essendo egli legato da stretti vincoli di amicizia e da abituali rapporti di frequentazione alla dott.ssa Felicia Genovese ed al marito dr. Michele Cannizzaro, nonché avendo presentato il figlio Achille domanda di partecipazione a due concorsi per la copertura di posti di collaboratore amministrativo professionale e assistente amministrativo presso l'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, di cui il Cannizzaro era Direttore Generale - ed in violazione del citato art, 16 RDL 511146, all'epoca dei fatti vigente - che escludeva la possibilità che il potere di sorveglianza del Procuratore Generale potesse concernere comportamenti discrezionali da parte dell'Autorità Giudiziaria – e, infine, in violazione dell 'art. 53 c.p.p. - che garantisce la piena autonomia del Sostituto Procuratore nell'udienza preliminare - segnalava ai titolari dell'azione disciplinare l'omesso deposito, da parte del Sostituto Procuratore dr. Vincenzo Montemurro...

Bonomi Gaetano: “...perché, al fine di commettere una pluralità indeterminata di delitti di corruzione, abuso di ufficio nonchè di diffamazione e calunnia in danno di magistrati in servizio presso gli Uffici Giudiziari del Distretto di Corte d'appello di Potenza - tra i quali il dott. Henry John Woodcock, il dott. Vincenzo Montemurro, la dott.ssa Annagloria Piccininni, la dott.ssa Laura Triassi, il dott. Basentini Francesco, il dott. Montemurro Vincenzo, tutti magistrati in servizio o già in servizio presso la procura della Repubblica di Potenza, il dott. Alberto Iannuzzi, già giudice per le indagini preliminari a Potenza. il dott. Amerigo Palma, giudice del tribunale di Melfi - e di esponenti politici operanti nella Regione Basilicata, nonché ancora di rivelazione di segreto di ufficio, finalizzata all'acquisizione, da parte del dott. Bonorni, di dati cognitivi - segnatamente notizie concernenti attività investigative in corso di svolgimento da parte della procura della Repubblica ovvero della polizia giudiziaria - o di ufficiali di polizia giudiziaria – tra i quali l'isp. Pasquale Di Tolla, in servizio presso la Squadra Mobile di Potenza – per poter commettere gli altri reati rientranti nel programma criminoso... si associavano stabilmente in una struttura organizzativa nella quale ricoprivano i seguenti ruoli: Bonomi Gaetano, quale magistrato della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Potenza, quale capo e promotore dell'associazione...

Violazioni del codice penale contestate ai magistrati per cui i PPMM di Catanzaro hanno formulato la richiesta di rinvio a giudizio. Le violazioni contestate erano parte della prima inchiesta “Toghe Lucane” archiviata ma, secondo i PPMM intervenuti, sostenuti da elementi probatori sufficienti per sostenere l'accusa in giudizio.

BONOMI Gaetano Sost. Proc. Gen. a Potenza (319, 321, 323, 326, 368, 416)
ROCA Modestino Sost. Proc. Gen. a Potenza (323)
DE LUCA Claudia Sost. Proc. a Potenza (323)
TUFANO Vincenzo Proc. Gen. a Potenza (323)

Codice Penale
Art. 319 - Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio
Art. 321 – Pene per il corruttore: chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità
Art. 323 - Abuso d'ufficio
Art. 326 - Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio
Art. 368 - Calunnia
Art. 416 - Associazione per delinquere

di Claudio Galante

sabato 12 gennaio 2013

Scusi Dr. Vincenzo Autera, lei è massone? Scusi Dr. Paolo Petrolo, lei è massone? Così, tanto per capire!



Non ci sarebbe nulla di male, sia beninteso. Lo stesso presidente Napolitano usa esprimere familiari auguri e sentimenti cordiali al Gran Maestro di turno. Ma sarebbe utile capire, avere qualche risposta a questioni che aleggiano da alcuni anni. Almeno dal 2007, da quando, in una telefonata intercettata tra un giornalista di cui il PM Annunziata Cazzetta ed il Gip Angelo Onorati erano all'affannosa ricerca delle fonti, qualcuno disse che
Giudice Dr. VIncenzo Autera
Vincenzo Autera (magistrato della Corte d'Appello di Potenza) ed Emilio Nicola Buccico (avvocato materano) erano in forza ad una loggia estera.


Avv. Emilio Nicola Buccico
La fonte, in quel caso, era un appartenente alla Massoneria noto per questa sua legittima adesione, ma nessuno ritenne di approfondire la questione e tutto rimase in un nastro ed in qualche foglio di trascrizione. Sembra che solo a nominarla, la Massoneria crei imbarazzo.
Poi, molto poi, si accertò che tutte quelle intercettazioni, Cazzetta ed Onorati le avevano disposte e tenute illecitamente e, nel giugno 2012, un giudice stabilì di trasferire il procedimento a Catanzaro. Anche lì, il Dr. Vincenzo Autera aveva un precedente: indagato per associazione mafiosa dal 2007 al 2009 (ma l'iscrizione originaria, a Firenze, era del 2005), procedimento archiviato.
Il Proc. Pen. 2290/07 a carico di Vincenzo Autera (archiviato 20/3/2009)

In quei quattro anni, nessuno aveva comunicato l'iscrizione di una ipotesi di reato così grave alla Procura presso la Corte di Cassazione. Il che è gravissimo, pare!

Anche Cazzetta era ben nota a Catanzaro, alcune decine di procedimenti la vedevano indagata per reati anche gravissimi. Quasi tutti definiti con archiviazione, alcuni pendenti. Ma tutti senza alcuna attività d'indagine, almeno tutti quelli tenuti dal PM Paolo Petrolo: più che un magistrato inquirente si potrebbe definire un magistrato paragnosta. Tranne che per l'identità degli indagati (se magistrati), che suole iscrivere nell'imminenza della formulazione della richiesta di archiviazione, per il resto i fascicoli appaiono scevri di qualsivoglia attività ma motivati da potenti precognizioni. Significativo il caso in cui si accertò la mancanza di oltre cento faldoni che, secondo il Gip, non avrebbero potuto contenere alcun elemento utile a modificare la decisione di archiviare. Quasi che quegli atti d'indagine che nessuno aveva potuto visionare fossero carta straccia. Che a Catanzaro la preveggenza non sia una virtù, lo si scopre attraverso una recentissima inchiesta della Procura di Salerno.

“La ‘ndrangheta non esiste più, fa parte della massoneria. Abbiamo amicizie: medici, avvocati, politici, giudici, commissari”, la frase è di un noto boss della 'ndrangheta ed è intercettata dalle microspie dei Carabinieri del ROS di Salerno. Il collante è proprio l'appartenenza alla massoneria. Massone è anche il magistrato /Gip) Giancarlo Bianchi che di favori, secondo la Procura di Salerno, ne distribuisce più d'uno. E qui ritroviamo il PM Paolo Petrolo, parte de “l'ingranaggio” a disposizione della  'ndrangheta. Un sistema di contatti, che ruota attorno al giudice Bianchi e a due sostituti procuratori della Dda di Catanzaro: Giampaolo Boninsegna e Paolo Petrolo.
Per questi tre magistrati, il PM di Salerno aveva chiesto l'interdizione: negata! Se fossero stati semplici poliziotti sarebbero stati arrestati ma non tutti nascono col grembiule, pardon... la camicia.
Resta un'ultima domanda, questa al Dr. Paolo Petrolo: scusi, lei è massone?
di Nicola Piccenna


domenica 6 gennaio 2013

Mazzette e coperture all'Ater Matera. La Procura, inerte, sapeva da anni!


Quelle inquietanti intercettazioni ambientali

Deve succedere sempre qualcosa di esterno, di estraneo, di imprevisto per sollevare coperchi giudiziari su fatti inquietanti che riguardano la Pubblica Amministrazione in Basilicata e nel materano in particolare. L'ultimo caso riguarda l'Ater di Matera ed in particolare il Dirigente dell'Ufficio Tecnico, già Direttore Generale Ing. Luciano Adorisio. In un colloquio (intercettato) nella stanza dell'ex vicepresidente regionale Agatino Mancusi, Tina Bianco, consigliere comunale a Rotondella e moglie dell'imprenditore Andrea Pellitta della Atr Costruzioni, lo dice chiaro chiaro: le ditte che eseguono appalti per l'Ater di Matera vengono invitate ad acquistare materiali da determinati fornitori. Se non obbediscono, i pagamenti vengono ritardati a babbo morto. Fin qui, si potrebbe dire anche che non c'è nulla di nuovo sotto il sole. Siamo così avvezzi all'insopportabile livello di corruzione in cui è precipitata la cosa pubblica che tanto insopportabile, poi, non ci pare nemmeno. Invece quello che i ROS hanno ascoltato ad ottobre 2011 nella stanza del signor Mancusi alla Procura di Matera era stato raccontato già da alcuni anni: raccontato, verbalizzato e sottoscritto. Molti dubbi e perplessità sull'operato dell'ing. Adorisio erano state documentate ai magistrati materani da funzionari e dirigenti dell'Ater con dovizia di particolari e documenti significativi. Fra tutti, alcuni interrogativi che avrebbero meritato, quantomeno, accertamenti approfonditi come quando i lavori di ristrutturazione della “masseria Panizza”, acquistata da Adorisio, vennero eseguiti da una ditta usualmente fornitrice dell'Ater (ditta Galtieri) e diretti dal geometra Cosimo Damiano Gaudiano, dipendente dell'Ater. Così risulta dalla tabella di cantiere, mentre non risulta che quel geometra abbia mai chiesto all'Ater l'autorizzazione a svolgere lavoro esterno. Fu pagato Gaudiano per quel lavoro? Fu pagata la ditta Galtieri? Furono pagati i materiali necessari a ristrutturare “masseria Panizza”? Forse tutto questo è stato accertato dai magistrati materani. Forse hanno dato incarico alla Guardia di Finanza di fare questi semplici accertamenti e le nostre preoccupazioni sono fantasmi che svaniscono alle prime luci dell'alba. Forse quei funzionari che hanno verbalizzato interrogativi, sospetti e prodotto documenti si erano sbagliati e la Procura di Matera è stata ferma perché tutto era inconsistente. Certo l'attuale amministratore dell'Ater, Inncenzo Loguercio, ha la responsabilità di accertare rapidamente lo stato dei fatti ed assumere quei provvedimenti che tutelino l'ente e la collettività. Occorre rendersi conto che non si tratta di un compito facile, specie in una società in cui il ricatto del lavoro (per alcuni) e gli scheletri negli armadi (per altri) rendono il procedere delle inchieste estremamente incerto e singhiozzante. Sarebbe veramente utile che qualcuno si prendesse la briga di rileggere i verbali ed i documenti riguardanti l'Ater di Matera e l'ing. Adorisio Luciano. Magari guardando se e quali atti d'indagine sono seguiti a quei verbali e come sono stati classificati quei procedimenti. Chissà, forse si scopre che i nomi sono sempre gli stessi e che i nuovi arrivati sono già nel solco dei poco onorevoli predecessori.
Firmato: Filippo de Lubac                          

sabato 5 gennaio 2013

Perché il fine, radioso e mirabile, di recente già indicato, possa essere appressato prìa e poi raggiunto

Quella “poetica” circolare del Comando Provinciale CC di Matera: un documento autentico dallo stile un po'... retrò
 

1. Perché il fine, radioso e mirabile, di recente già indicato, possa essere appressato prìa e poi raggiunto, occorre che si ponga mano ad ulteriori accortezze, sì da accomodare il già efficace strumento operativo alle novellate esigenze di ogni singola realtà territoriale, infondere nelle nostre popolazioni rinnovata fede nelle Istituzioni e conferire maggiore visibilità ai nostri militari impegnati, giornalmente, di servizio esterno.
2. Pertanto, recepita la giusta prece di chi all'Arma speranzoso si volge, determino che ogni pattuglia, nel suo quotidiano percorso, dedichi una maggiore attenzione al rapporto, diretto e vivace, con il volgo e il commerciante, recependo da essi richieste, preghiere e suggerimenti e, ad un tempo, garantendo una vicinanza ed una visibilità sempre più alta.
3. Che l'indicazione ora fornita possa sortire a ben più chiaro messaggio, i militari, specie se di pattuglia automontata, si faranno carico di fermare il loro itinerante servizio, cosi che, mentre uno di loro prosegua a piedi, postulando di porta in porta, di negozio in negozio, l'altro, in auto, lo affianchi, contiguamente ma in tal modo da apparire come novellato e altro servizio. Quindi si ricongiungeranno e procederanno nel servizio, alternandosi secondo i dettami sopra mostrati a guisa di chi al cittadino vuol porgere reale ausilio e sincera vicinanza1.
Ogni comandante, con la consueta convinzione, faccia proprio questo messaggio, impegnandosi parimenti, affinché penetri le menti di ogni suo militare.
Il Comandante

Mennuti Antonio, Di Bello Giuseppe: eroi di ieri nella Lucania di oggi


Il Giudice condanna perché è “Irrilevante accertare la verità dei fatti”:
quando dell'esercizio giurisdizionale c'è da vergognarsi


Mennuti Antonio e Di Bello Giuseppe sono due cittadini lucani, come tanti altri (non tantissimi, si sa che molti emigrano). Per anni sono stati al servizio delle istituzioni in quello specifico settore della pubblica sicurezza che tanto è indicativa della civiltà di un Paese. Il primo nella Polizia di Stato, il secondo nella Polizia Provinciale. Recentemente sono stati oggetto di provvedimenti indicativi del clima che da anni si respira in Basilicata, immondezzaio d'Italia per interessi inconfessabili e terra di sfruttamento per vocazione politica.

Al signor Mennuti Antonio viene contestato di aver affisso, nella bacheca della Polizia di Stato a Potenza, una comunicazione sindacale diffamatoria nei confronti di un dirigente di quella Polizia. Precisa, la sentenza, che: “nel giudicare il caso specifico, non abbia alcuna rilevanza l’accertamento della verità o meno dei fatti attribuiti dall’imputato alla parte lesa” e questo a noi Lucani può bastare per quanto diremo in seguito. Contro Di Bello si è costituita parte civile l'associazione nazionale dei funzionari della Polizia di Stato. Associazione che non si è costituita quando quel Dirigente era sotto processo per peculato d'uso, poiché usava il telefonino di servizio per chiamate ed sms “strettamente personali”! Il relativo processo si è concluso con l'assoluzione, ma chi ha ascoltato quelle migliaia di chiamate e letto quelle centinaia di sms non può che constatare l'ostentazione bizantinistica insita in certe sentenze. Per molti non è riprovevole colui che lo scandalo lo commette ma quelli che lo denunciano, come se l'onorabilità fosse un esercizio d'ipocrisia ben riuscito piuttosto che la conseguenza di comportamenti limpidi e corretti.

Al signor Di Bello Giuseppe, a cui il Signor Prefetto Illustrissimo ha ritirato “il distintivo”, si contesta di non avere più la stima dei suoi compaesani e, per un poliziotto, questo costituisce effettivamente un limite invalicabile.

Quali sono i fatti la cui verità non è rilevante accertare nel “caso” Mennuti? Sono quelli di cui tutti i Lucani hanno letto e che rilevano non da congetture o teoremi giudiziari, bensì dalle intercettazioni telefoniche che svelavano aspetti inquietanti ed espressioni irriferibili ed ignominiose. Ordinario standard della vita professionale di “quel” dirigente. Viene da chiedersi se l'illustrissimo signor Prefetto non voglia effettuare una verifica sulla stima e sulla considerazione che i Lucani hanno di quel Dirigente. Ne trarrebbe l'inevitabile conseguenza che occorre ritirargli il “tesserino”, ma di questo caso al Prefetto non sembra importare un fico secco.

Di Bello Giuseppe, invece, avrebbe perso la fiducia dei Lucani perché, insieme con Maurizio Bolognetti segretario dei Radicali di Basilicata e perennemente vocato a farsi i fatti degli altri (in altri tempi si chiamava bene comune, ma in Basilicata è un delitto per cui meritare perquisizioni e processi), ha scoperto e fatto conoscere una quantità impressionante di depositi inquinanti e risorse inquinate. Giustamente, secondo Sua Eccellenza il Prefetto, i Lucani devono averlo in pessima considerazione. Specie coloro che vivono nei pressi della discarica di fosfogessi e che prima, magari, ci andavano a fare le scampagnate e adesso non possono più. O, magari, tutti coloro che innaffiano con l'acqua del Pertusillo e adesso sanno che contiene certe quantità di petrolio e suoi succedanei. Vuoi mettere coltivare un'insalata e mangiarsela sapendo che è perfettamente naturale e, diversamente, domandarsi se è il caso persino di raccoglierla?

Mennuti e Di Bello, due eroi loro malgrado che dimostrano quanto difficile sia la situazione in Basilicata. Altri due che si aggiungono ai tanti che si battono ogni giorno per non lasciare questa Regione nelle mani di una classe politica che, nel migliore dei casi, ha svenduto le risorse regionali per un piatto di lenticchie (ai lucani) lasciando dubbi su operazioni di alta finanza petrolifera che, ancora oggi, suscitano tanti preoccupanti interrogativi e nessuna risposta.

di Filippo de Lubac

Votate, Lucani, votate questi cialtroni, se ne avete lo stomaco!

Petrolio, tutto nell'interesse dell'ENI e di...
Dove sono finiti i miliardi risparmiati dall'ENI e sottratti ai Lucani?

Forse Filippo Bubbico, alquanto nervosetto in questi giorni specie dopo che si è acclarato che il Ministro Matteoli lo dichiarava a conoscenza ed addirittura consenziente circa l'ubicazione a Scanzano Jonico del deposito unico nazionale di scorie nucleari, ci dirà che non ne sapeva niente e non avremmo motivo di non credergli, ma il documento ritrovato da questa redazione è clamoroso: dell'accordo di programma che avrebbe regolato i rapporti fra Regione Basilicata e compagnie petrolifere esistono due versioni, quasi identiche. Quasi, appunto! Il 18 Novembre 1998, l'Ufficio stampa della Regione Basilicata diffuse la seguente notizia "sottoscritto a Roma l'accordo sul petrolio tra Eni e Regione Basilicata". Il tono dell'allora Presidente della Giunta, Prof. Angelo Raffaele Di Nardo, fu inequivocabilmente improntato a quello dei momenti storici: "Abbiamo la consapevolezza di aver dato, oggi, il via ad una nuova e concreta stagione di sviluppo per la Basilicata... Ora la parola passa al territorio, alle sue espressioni municipali, alle forze sociali, sindacali e imprenditoriali, perché insieme al Governo regionale sappiano gestire l'accordo e realizzare, con spirito solidale, lo sviluppo diffuso della regione". In generale, sembra che tutto quell'ottimismo non abbia trovato alcun riscontro in questi 14 anni. L'unica che si è ulteriormente diffusa, nella nostra sciagurata regione, è la crisi economica e industriale. Mentre i barili di petrolio che giornalmente escono dalle viscere del territorio lucano lasciano solo fanghi e liquami inquinanti. Non è ancora ben chiaro quanto petrolio si estragga. Incredibile constatare che la prevista commissione di vigilanza sull'estrazione non sia ancora insediata. Sempre tutta da chiarire è la quantità di gas che viene "bruciato in torcia" per evitare il fastidioso processo di purificazione, compressione e pompaggio. Alcune voci incontrollate indicano quantità impressionanti, certo è che le "torce" sono visibili ad occhio nudo e che vi sono pochi combustibili inquinanti come il gas non depurato. Purtroppo la magistratura Lucana è ben altra cosa da quella Tarantina di questi giorni e le tonnellate di inquinanti immessi nell'aria che respirano i lucani, figli dei magistrati inclusi, continuano a levarsi nell'aria un tempo finissima. Ma, torniamo al "Protocollo d'intenti". Non è pensabile esaurirne una disamina seppure sommaria in un semplice articolo. Forse sarebbe il caso di richiedere uno specifico lavoro al consiglio regionale per verificare lo stato di attuazione degli accordi e rendicontare ai cittadini. Chissà, potrebbero consultare i lavori e gli atti che certamente avrà prodotto il "comitato paritetico" ENI- Regione, previsto nell'accordo ufficiale al fine di monitorare, verificare e controllare il corretto adempimento, la corretta interpretazione e lo stato di attuazione dei reciproci obblighi scaturenti dal presente protocollo". Intanto possiamo segnalare una significativa "scoperta" frutto della nostra passione per l'indagine documentale. Esiste un'altra versione del "Verbale d'intesa tra la Regione Basilicata e l'Eni", risale a qualche mese prima del fatidico novembre 1998. È quasi identico a quello "ufficiale". Quasi! Leggiamo a pagina 3 sulla carta intestata del Consiglio Regionale simil-pergamena: "Eni si impegna a realizzare un'azione di promozione imprenditoriale nell'area con l'obiettivo di consentire il recupero dei livelli occupazionali realizzati nell'ambito della prossima attività di cantiere, nonché di realizzare le condizioni per un ulteriore sviluppo manifatturiero e di servizi finalizzato alla creazione di nuova occupazione dell'ordine di 3.000 addetti". La frase (e i tremila) sono del tutto assenti nell'altro documento e, pare, nella realtà del "diffuso sviluppo" odierno. Evidentemente una qualche contrattazione dovrà essere intercorsa fra Eni e Regione, un qualche scambio e una qualche rinuncia saranno intervenuti. Magari unilaterale e capite bene da quale dei due lati. Pochi righi oltre, sempre sulla carta intestata regionale: "Eni, anche per conto del partner Enterprise Oil Italiana, si impegna a: 1b) sostenere direttamente investimenti nel settore industriale, agricolo, turistico e dei servizi, per un ammontare non inferiore a 1.000 miliardi di lire, in tre anni...". Attualizzando, significa entro il 2001. Nel documento "Accordo sul petrolio" non abbiamo più trovato traccia dei 1.000 miliardi. Così come non siamo riusciti a reperire alcun documento ufficiale che facesse riferimento a questa montagna di soldi investiti "nel settore industriale, agricolo, turistico e dei servizi". Forse dobbiamo ricorrere allo spirito napoletano e supplire con la fantasia allo sviluppo diffuso che non c'è ed immaginarci uno sviluppo finanziato con i soldi “fijuti” che possono essere sostituiti da qualche barile di petrolio. Peccato che "il Presidente Di Nardo - che era accompagnato dagli assessori Bubbico, Colangelo, Chiurazzi, De Filippo e Mattia" non sia riuscito ad ottenere quanto sembrava già concordato. Speriamo che sia riuscito ad assicurarsi, almeno, una qualche contropartita utile alla nostra regione oppure ai suoi abitanti (almeno alcuni). E adesso, votate, Lucani, votate questi cialtroni, se ne avete lo stomaco!
di Claudio Galante