domenica 17 febbraio 2013

Mario Draghi e la scomparsa della BPMat: Maxi fusioni bancarie, mega milioni di euro


“Di ciò di cui non si può parlare, è meglio tacere”

Derivati, mutui sub-prime (si legge praim), bond, future. Non credo che l’italiano medio abbia capito granché delle tempesta finanziaria che si è abbattuta sulle banche statunitensi prima e che, con varie sfaccettature e rilevanza, sulle banche italiane poi. Anche in questo, l'italica fantasia la fa da padrona e nessuno riesce a batterci. MPS oggi, BNL l'altro ieri, Credieuronord qualche tempo prima. Il modo più semplice per intascare una regalia è quello di accendere un mutuo con una banca compiacente e non restituire un fico secco. La compiacenza sta nel fatto che nessuna verifica viene effettuata sulla solvibilità del mutuatario e nessuna azione di recupero a carico del creditore moroso. E se qualcosa il comune cittadino crede di aver capito, probabilmente è sbagliato. Molte delle persone che con aria assorta attraversano i marciapiedi, pensano che la crisi sia dovuta alla mancata restituzione delle somme concesse in prestito per l’acquisto d’immobili. Troppo facile e troppo distante dalla realtà. Nella pratica succede questo. La banca presta 100 euro e si aspetta di riceverne 120, un tot al mese per un tot di anni. Qualcosa s’inceppa quando la restituzione non è ancora terminata. Allora la banca costituisce una società speciale che si deve occupare di riscuotere il credito residuo. La nuova nata, acquista i debiti dalla banca e, per pagare (la banca che la controlla) emette dei pagherò, altrimenti detti bond, diciamo a vent’anni. Questi bond sono di tipo credibile (detti senior) perché emessi a fronte di crediti ben garantiti e di tipo “fregatura” (detti junior), praticamente non garantiti. I bond senior vengono offerti sul libero mercato agli investitori (anche privati); quelli junior li acquista la stessa banca (quella che avanzava dei soldi). Per acquistare i bond junior (spazzatura), la banca emette dei nuovi bond. Per poter collocare sul mercato questi nuovi bond, la banca deve dotarli di una “provvista” di garanzia, cioè Titoli di Stato o denaro contante. Come potrete capire, dopo aver aspettato che passino le vertigini “da bond”, da un credito di difficile incasso scaturisce un turbinio di bond per un fattore pari a 3, 4 ma anche 50 volte il credito iniziale. E se il castello crolla, se il primo debito non viene onorato, l’effetto valanga travolge la banca. Questo, più o meno è quello che è successo per Lehmann Brothers e per tante altre banche. Tutto reso possibile dai mancati controlli delle autorità di vigilanza bancaria (Bankitalia) e borsistica (CONSOB). Un fatto lontano, così viene presentato (e percepito) in Italia. Una realtà già in atto che di tanto in tanto provoca scandali e disillusioni, anche in Italia, questa è la verità. Con un elemento di ulteriore gravità, in Italia la Consob e la Banca d’Italia (vigilanti sulla Borsa e sulle Banche) in molti casi sono state avvertite delle anomalie ma hanno declinato l’invito. Così, non possono nemmeno accampare la scusante della buona fede. E tutte queste belle vicende, passano anche dalla Lucania. Proprio così. Decine le comunicazioni con cui alcuni privati hanno informato e chiesto l’intervento della Banca d’Italia e della Consob per controllare e, ove fosse il caso, sanzionare, quelle che sembrano gravi violazioni delle norme e delle Leggi che regolano l’attività bancaria. La maxi cartolarizzazione di cui parliamo è quella operata dalla Mutina srl per conto di alcune banche del gruppo Popolare dell’Emilia Romagna (BPER). La Banca d’Italia consigliò di rivolgersi alla Procura, bella vigilanza! La Procura di Matera delegò alla Guardia di Finanza ed archiviò perché dalle informative dei finanzieri non emergeva alcuna anomalia. Non era la verità, il Nucleo della Guardia di Finanza non solo aveva rilevato gravi irregolarità ma chiedeva la nomina di un consulente esperto. Prevalse la falsa attestazione del Dr. Giuseppe Chieco (Procuratore Capo). Senonché, dai faldoni di “Toghe Lucane” (il procedimento penale che lo vedeva indagato con alti magistrati per corruzione in atti giudiziari e poi archiviato a Catanzaro) emerse che anche l’atto di cessione dei crediti, effettuato a Londra presso l'avvocato inglese Jane Sophie Jenkins, era nullo in quanto effettuato prima che la Mutina venisse iscritta nello speciale registro delle società di cartolarizzazione. Quale fine faranno le migliaia di miliardi (lire) di bond emessi a fronte di una cartolarizzazione potenzialmente illegittima? Forse bisognerebbe chiederlo alla Banca d’Italia ed alla Consob che invitavano a rivolgersi alle Procure competenti, ma non sapevano che sarebbero incappate loro stesse nelle “competenze” di quelle Procure per omessa vigilanza. È il solito gioco del cerino, ma questa volta l’ultimo è quello rimasto nelle mani del Dr. Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia all'epoca dei fatti (già vice presidente della banca d’affari Goldman Sachs International, oggi capo della BCE). Fu lui ad autorizzare la fusione della Banca Popolare del Materano con la Banca Popolare di Crotone (tutte del Gruppo BPER) trascurando che la prima aveva in corso accertamenti sull’attendibilità del bilancio al 31.12.2003. Il perito nominato dal Tribunale di Matera diceva che era falso, ma il Dr. Draghi evitò di consigliare né segnalare alcunché alla Procura. Come evitò, non osservando i suoi doveri di vigilanza, d'interrompere la fusione in attesa degli accertamenti giudiziari sul bilancio, sulla Mutina, sulle responsabilità dell’intero consiglio di amministrazione della Banca materana, con i vertici indagati per associazione per delinquere finalizzata alla truffa pluriaggravata nei confronti degli azionisti.
Tutto finì in assoluzioni, proscioglimenti, archiviazioni e cestinazioni in quella Procura di Matera che in questi giorni è oggetto di severa reprimenda da parte della Direzione Nazionale Antimafia.
Non è poi così lontana l’America e nemmeno i giganteschi tracolli delle banche d’affari. Solo che la “Federal Reserve” di casa nostra non ha euro sufficienti per mitigare bancarotte da trilioni di euro. Hanno pagato e pagheranno i piccoli risparmiatori, essendo il risparmio tutelato dalla Costituzione. Sembra logico, tipica logica italica (o italiota).

di Filippo de Lubac

de Celestina Gravina: un bravo magistrato finito nelle sabbie mobili

Durissima relazione della Direzione Nazionale Antimafia: Ostinato e pervicace rifiuto, difficoltà comunicative, riottosità, questa è la Procura della Repubblica di Matera

L'aria è quella di chi non ha complessi e la vita la tiene nel palmo di una mano ed è una cosa buona: perché fossilizzarsi in schemi predeterminati di scelte, abitudini e gesti. Una personalità che sembrava foriera di libertà, rigore e determinazione nell'attività istituzionale di Procuratore della Repubblica a Matera.
Il Procuratore Capo presso la Procura della Repubblica di Matera. D.ssa Celestina Gravina

La relazione della Direzione Nazionale Antimafia ci lascia esterrefatti. La Procura di Matera sottovaluta il fenomeno malavitoso che interessa il suo interland e, cosa ancora più grave, non collabora adeguatamente con la Distrettuale Antimafia di Potenza.
Nella relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia si legge: "Area Materana. La lapidaria relazione dei C.C. di Matera, sostanzialmente conforme a quella degli altri organi di Polizia Giudiziaria; - in assoluta coerenza con l’ostinato e pervicace rifiuto con la locale Procura della Repubblica di affrontare i pur sospetti episodi di estorsione; traffico di stupefacenti; atti di intimidazione; quali “reati spia” di una potenziale presenza di criminalità di tipo mafioso – nega l’esistenza nel territorio di qualsivoglia attività criminosa riconducibile alla criminalità organizzata. Particolare preoccupazione nel Materano, riveste il fenomeno dell’usura, sulla quale sono state condotte importanti indagini;".
Ostinato e pervicace rifiuto, parole pesanti di cui la Procura di Matera deve rendere conto, prim'ancora che agli organi di vigilanza e controllo ai cittadini Lucani e del materano in particolare. Per esempio, in merito alle lodate indagini sull'usura di cui la DNA non conosce alcuni aspetti inquietanti, andrebbe chiarito perché a fronte di un'informativa del Nucleo di Matera della Guardia di Finanza che individuava la sistematica applicazione di tassi usurai da parte della Banca Popolare del Materano (che, per praticare quei tassi esagerati ed illegali, aveva manomesso persino i controlli dei programmi gestionali “PUMA-2”) il Sost. Proc. Annunziata Cazzetta non abbia nemmeno aperto un procedimento penale oppure perché abbia collocato l'informativa in un procedimento penale diverso e posteriore a quello nel cui ambito era stata richiesta e formulata. Sono molti ed articolati i fatti reato che la Procura di Matera con ostinato e pervicace rifiuto ha ignorato e insabbiato negli ultimi dieci anni. Così come capita quando i carabinieri del NAS chiedono di sequestrare la discarica del signor Giovanni Castellano: il Sost. Proc. Rosanna Defraia nega il sequestro. Poco tempo dopo, per le medesime e gravissime ipotesi di reato, a sequestrare quella discarica è la Procura Distrettuale Antimafia di Potenza. Cosa è successo alla D.ssa Celestina Gravina che, dopo Giuseppe Chieco, è arrivata a reggere questa piccola Procura della Repubblica? Un primo segnale di “warning” era arrivato quanto aveva liquidato anni di inchieste e documenti inquietanti sullo stato e le responsabilità dell'ITREC di Rotondella, per inquinamento e stoccaggio di prodotti radioattivi, come “chiacchiere da comari”. E qui, la D.ssa Gravina si sbagliava di grosso perché il PM che aveva indagato sullo stoccaggio del combustibile nucleare riprocessato, il Dr. Nicola Maria Pace, non era persona superficiale o poco avveduta.
Sempre dalla relazione DNA, si legge: "...la Procura della Repubblica di Matera, le cui “difficoltà comunicative” con la DDA di Potenza e la riottosità ad attuare il Protocollo di intesa con questa stipulato, possono ben sintetizzarsi nella opposta valutazione del fenomeno “incendi...”
Ostinato e pervicace rifiuto, difficoltà comunicative, riottosità, sono le durissime parole con cui la DNA stigmatizza l'operato della Procura della Repubblica di Matera. Cos'altro si dovrebbe dire per far scattare un segnale di “allerta rosso” e la immediata chiarificazione alla gente lucana sbigottita da queste notizie riprese fedelmente dal TG3 Regionale? La censura della Direzione Nazionale Antimafia è un fatto gravissimo di cui all'apertura dell'Anno Giudiziario ci si sarebbe aspettato qualche cenno di spiegazione e chiarimento. Nulla, nel Distretto giudiziario di Basilicata, sembra non ci sia altro da dire che statistiche e accorpamenti di plessi giudiziari. Non resta che chiederne conto al CSM, al Procuratore Generale di Potenza (responsabile della vigilanza sulla Procura di Matera), alla Procura presso la Suprema Corte di Cassazione ed al Ministro della Giustizia. Un testimone che rifiuta di raccontare ciò che sa, è un testimone reticente. Una Procura che non collabora con la Distrettuale Antimafia, anche se la chiamano “difficoltà comunicativa”, come si valuta?
di spalle la D.ssa Celestina Gravina

Forse è il caso che la D.ssa Celestina Gravina assuma decisioni conseguenti alla gravissima censura che ha ricevuto e, magari, visto che ci siamo, eviti gli avvocati che Le si avvicinano confidenzialmente dandole del tu, quando passa nei corridoi della Procura della Repubblica.
di Nicola Piccenna