giovedì 20 novembre 2014

Della libertà di stampa in Italia (poiché negli Stati Uniti è diverso)

Riporto l'editoriale pubblicato il 2 luglio 2011 sul settimanale "Buongiorno" dall'ottimo Filippo de Lubac, collega di tante inchieste giornalistiche e coindagato in molte vicende giudiziarie. Sono oltre 280 i procedimenti giudiziari aperti negli ultimi 10 anni a nostro carico oppure con indagati magistrati dalla condotta degna di approfondimenti. A questi si aggiungono i circa 70 procedimenti pre-disciplinari aperti dalla Procura della Cassazione a carico dei predetti magistrati. Un pezzo della storia giudiziaria del nostro Paese che tra qualche giorno sarà reso disponibile sul web (per quanto non coperto da riservatezza o secretazione). La più ampia e completa documentazione di come funziona la giustizia penale e disciplinare di un Paese che, per essere definito ancora una democrazia occidentale, ha da recuperare credibilità e fiducia nelle istituzioni. Ciascuno potrà liberamente leggere e farsi un'idea, poi, magari, anche esprimerla e, in ultimo, chiedere a ragion veduta che la riforma della Giustizia diventi un tema serio e non chiacchiere da bar o da conventicole di pettegoli. Infine, un pensiero ai colleghi giornalisti cui va tutta la comprensione se, in un Paese dove la stragrande maggioranza dei cittadini non compra alcun giornale (e nemmeno lo legge ad ufo), sono costretti a pensare alla pagnotta, sempre più piccola, piuttosto che all'eroica pratica del giornalismo libero e coraggioso. Tutto ha un prezzo, anche la libertà di stampa. Se lo pagassero i cittadini con  molto meno di quanto spendono in riffe e grattaevinci, sarebbe l'ideale. Se lo pagano i padroni del vapore, all'occorrenza tireranno le redini e stringeranno i morsi, così come fanno spesso.
Buona lettura (Nicola Piccenna)

Noi, popolo degli Stati Uniti, allo scopo di perfezionare ulteriormente la nostra Unione, di garantire la giustizia, di assicurare la tranquillità all'interno, di provvedere alla comune difesa, di promuovere il benessere generale e di salvaguardare per noi stessi e per i nostri posteri il dono della libertà, decretiamo e stabiliamo questa Costituzione degli Stati Uniti d'America.   (Preambolo alla Costituzione Federale degli Stati Uniti d'America - 1787)

Occorre che se lo mettano bene in testa questi quattro (falsi) predicatori della religione laica dello Stato e della Costituzione Repubblicana Italiana, ormai avvezzi a ben poco lusinghiere pratiche di vita e di politica. «La libertà, Sancho, è uno dei doni più preziosi che i cieli abbiano concesso agli uomini: i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono eguagliare: e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita» (Miguel de Cervantes). Caro amico e compagno di strada, caro Sancho, è giunto il momento di dirsi cose semplici, di parlare dell'essenziale, giacché di questo la nostra società ormai difetta. Tremano un po' le vene dei polsi a scrivere queste cose su un piccolo giornale di provincia, avvertendo tutta la distanza che ormai ci separa dal blasone e dai lustri della grande tradizione giornalistica italiana. Purtroppo hanno lasciato a noi questo delicato compito, noi che per qualità e consistenza saremmo totalmente inadeguati a svolgerlo. Saremmo, appunto, se non fosse che l'esperienza della libertà rende adeguato chiunque a sostenere una causa di verità. La libertà è comprensibile solo se sperimentata, diversamente è uno slogan come un altro. Un esercizio di retorica in cui si crogiolano grandi direttori ed illustri editorialisti che, poveri loro, dimostrano di desiderarla ma di non averla mai sperimentata. Diversamente non riuscirebbero a rinunciarvi con tanta facilità come dimostrano innumerevoli fatti accaduti e persino qualche intercettazione telefonica.

Il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto; o per limitare la libertà di parola o di stampa; o il diritto che hanno i cittadini di riunirsi in forma pacifica e di inoltrare petizioni al governo per la riparazione di torti subiti.(Primo emendamento alla Costituzione Federale degli Stati Uniti d'America - 1791)

Qualche fugace dichiarazione da destra, sinistra, centro, magistrati e uomini di cultura e di penna è passata sui giornali e le televisioni come acqua fresca. “Non bisogna pubblicare notizie che non siano penalmente rilevanti”. Con questa massima di singolare acume (?), passata dal bolo al kilo senza alcuna attività digestiva, tutti hanno convenuto che bisognerà intervenire legislativamente per limitare le intercettazioni dell'autorità inquirente ovvero impedirne la pubblicazione; eccezion fatta per quelle che riguardano situazioni penalmente rilevanti. A dirla tutta, bisognerebbe aggiungere che per attribuire la qualifica di “penalmente rilevante” ad un fatto, circostanza o dichiarazione, bisognerebbe attendere una sentenza passata in giudicato. Giacché, prima di siffatto pronunciamento (che in Italia può comportare anche 30 anni o l'eternità), al più si potrebbe parlare di “ipotesi di rilievo penale”. Che scempio, direbbero i maggiorenti, leggere di fatti che sono reati solo in ipotesi! Insomma, essi vorrebbero ridurre i giornali ad albo delle sentenze di Cassazione ed i giornalisti a cancellieri di quart'ordine di questo o quel tribunale. E per farlo sono pronti a concordare un testo, una legge o decreto o maxi-emendamento alla Legge Finanziaria, un qualcosa che punisca chi non tace, chi giudica le informazioni da pubblicare semplicemente in base al criterio della verità e dell'interesse pubblico. È interesse pubblico sapere che il presidente del Consiglio è giudicato inetto, bollito, malato da membri del suo Governo? È interesse pubblico sapere che i vertici dello Stato, del Governo e dei Servizi Segreti sono nominati in base a ruffianerie e ricatti piuttosto che per qualità, onestà e abnegazione ai doveri verso il Popolo Italiano? Nell'Italia dei misteri, delle stragi senza spiegazioni, della retorica della Costituzione e dei buoni sentimenti, è persino tollerabile che il Presidente della Repubblica “piagnucoli” per il “Mistero” del DC9 di Ustica, quando avrebbe il potere, gli strumenti e (forse) persino la conoscenza diretta per arrivare alla verità. Ma non si può tollerare che si voglia imbavagliare l'informazione con una Legge dello Stato. “Il Congresso non potrà fare alcuna legge ...per limitare la libertà di parola o di stampa”, così è scritto nel primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America. Tanto è il minimo che occorre pretendere anche dal Parlamento Italiano.
di Filippo de Lubac